Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

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KittyHawk
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Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda KittyHawk » dom 19 feb 2017, 18:02:51

Dust off. Suona bene, quasi come take off. Solo che non ci porta nel cielo ma indietro, magari molto indietro, negli anni.
Inizio quindi un nuovo thread, in cui pubblicherò articoli e altro materiale riguardante l'aviazione civile e che fa parte dei miei archivi personali. Iniziamo con una società italiana ormai scomparsa.
ATI: BILANCIO POSITIVO
Sono stati resi noti i dati sul traffico della ATI per il primo semestre dell'anno in corso, e ciò, unito al bilancio della compagnia, consente di esaminare la situazione del vettore italiano specializzato nei collegamenti nazionali. L'esercizio finanziario 1970 si è chiuso in pareggio (con 16 miliardi 271 milioni circa) il che, considerato l'andamento generalmente sfavorevole del traffico nel primo semestre e la concomitante chiusura per tutto quel periodo dell'aeroporto di Napoli Capodichino, sede d'armamento della compagnia, può ritenersi soddisfacente.
La rete è stata ampliata con nuove linee (Roma-Bari; Trieste-Milano; Venezia-Trieste; Roma-Cagliari; Roma-Alghero; Milano-Alghero; Milano-Genova-Cagliari) e aumenti di frequenze su alcuni servizi (Roma-Trieste; Roma-Brindisi; Roma-Reggio Calabria; Roma-Pisa; Milano-Firenze; Trieste-Milano) il che, insieme alla maggior capacità dei DC.9 che sempre più estesamente sono stati introdotti in linea, ha portato ad una maggiore offerta di posti (147,26% in più in tonnellate/ km, ovvero il 108,56% in più espresso in posti/km).
Ad esso ha corrisposto un incremento ancor superiore dei passeggeri / km trasportati (11 0,08%) portando ad una variazione positiva di 0,5 punti nel coefficiente di utilizzazione posti. La maggiore utilizzazione degli aviogetti rispetto al 1969, risultando in una maggiore velocità media di tutta la flotta (che al 31 dicembre scorso comprendeva 7 DC.9 e 13 F.27) ha comportato un incremento del 30,96% soltanto nelle ore volate, a fronte di un aumento notevolissimo dei chilometri volati (60,01 %).
Attualmente la ATI serve 30 città, di cui 18 nel Mezzogiorno (sui cui scali si svolge il 78% del suo traffico), 4 nel centro della penisola e 8 nel settentrione, con oltre 160 voli giornalieri per più di 75.000 km al giorno; la flotta consiste di 13 biturbina Fokker F.27 « Friendship » a 44 posti e 8 bireattori McDonnell-Douglas DC.9 serie 30 a 105 posti. L'ottavo DC.9 fu consegnato in febbraio, altri tre sono in ordinazione (due saranno consegnati a fine anno, e il terzo nel novembre 1972) e c'è l'opzione per un altro, che sarà preso in consegna alla fine del 1973: in quell'anno dunque i bireattori coi colori della ATI saranno 12.
l risultati dei primi sei mesi di quest'anno riflettono da un lato i risultati della politica di espansione della compagnia, e dall'altro - piuttosto pesantemente - quelli dello stato di generale disagio che ha caratterizzato in tale periodo le operazioni di traffico aereo in Italia. All'incremento sensibile in tutte le voci di traffico (v. tabella) fa riscontro infatti una diminuzione nell'utilizzazione globale (0,6 per cento) . Secondo la compagnia, questa diminuzione, risultante da uno scarto tra l'incremento dell'offerta e quello della domanda, va imputato alla serie di scioperi verificatasi nel settore aeroportuale e in quello, strettamente legato all'attività di una compagnia aerea come la ATI, turistico-alberghiero. A ciò si aggiunge un «onere fisso» rappresentato, nella politica aziendale, dal fatto di agire in senso di promozione del mercato, tenendo in vita collegamenti dal basso coefficiente di carico - come la «dorsale adriatica» - intesi a sollecitare la formazione di correnti di traffico che al momento sono soltanto potenziali; da ciò deriva un coefficiente di carico medio non elevato (42,8%).
Quanto ai programmi, mentre continua la tendenza a rilevare servizi dell'Alitalia - tendenza che, naturalmente, trova un limite laddove i voli sono originati da Paesi esteri - non si prevede un'ulteriore espansione della rete, dato che si è praticamente giunti alla saturazione delle linee tra le città più importanti e comunque quelle che si possono servire con i velivoli della presente generazione. Secondo il direttore commerciale, dott. Borgna, l'azione della ATI nell'immediato futuro sarà volta piuttosto alla istituzione di voli diretti, e al miglioramento dei collegamenti con il meridione adeguando le frequenze alla domanda: per i prossimi anni si prevedono ancora incrementi di traffico (la previsione per il 1971 è di 1.850.000 passeggeri trasportati, contro 1.357.234 dell'anno scorso).
In questa azione di miglioramento dei servizi non vanno dimenticati gli scali. L'ATI è costantemente impegnata, dice Borgna, in studi per la soluzione di questo problema, per quanto i problemi locali non siano ovviamente di sua competenza e quindi deve limitarsi a sollecitarne la soluzione; le infrastrutture sono giudicate nel complesso carenti, con poche eccezioni - ad esempio il «Forlanini» di Milano, considerato il migliore in Italia - e ben pochi sono gli scali sufficientemente attrezzati per smistare con rapidità ed efficienza il traffico passeggeri.
La ATI, dal canto suo, sovvenziona in diversa misura i collegamenti città-aeroporto nella maggior parte degli scali serviti.
Circa l'eventualità di trasferire lo scalo d'armamento da Capodichino, Borgna afferma «non ci siamo neanche posti il problema» dato che in ogni caso accorreranno non meno di 7-8 anni prima che il nuovo aeroporto di Napoli possa entrare in funzione.
La flotta attuale è considerata più che adeguata alle necessità, sia per numero che per tipo di macchine. Alla domanda se non sia stato preso in considerazione il nuovo velivolo creato «ad hoc» per servizi del tipo gestito dalla ATI, il «Mercure» la risposta di Borgna è che l'eventuale migliore economia d'esercizio ottenibile con una macchina di nuova generazione, come il bireattore Dassault, non appare comunque tale da compensare gli elevati oneri di immissione in linea di un nuovo tipo (addestramento, manutenzione, attrezzature, eccetera).
Scali e velivoli, un binomio che suscita la domanda sul problema degli STOL. Il dott. Borgna afferma che l'evoluzione tecnica di questo problema è costantemente allo studio da parte della compagnia, tanto per ciò che attiene agli scali che al materiale di volo, e che attualmente non esiste alcun velivolo che risponde realmente ai requisiti per operazioni commerciali STOL secondo i requisiti di economicità e operatività necessari.

Codice: Seleziona tutto

Attività A.T.I.                        |     1969    |     1970    |  Var.·% | 1° Sem. 1971
Km Volati                          N.  |   9.739.282 |  15.584.195 |+  60,01 |   9.041.142
Ore di volo                        N.  |      38.804 |      50.818 |+  30,96 |      28.095
Passeggeri                         N.  |     632.305 |   1.218.392 |+  92,10 |     803.515
Pass. Km trasp.                    P/K | 199.990.209 | 420.132.095 |+ 110,08 | 282.613.284
Posti Km offerti                   N.  | 388.709.794 | 810.685.512 |+ 108,56 | 563.704.305
Posta trasportata                  Kg  |     296.861 |     492.500 |+  65,90 |     319.989
Merci trasportate                  Kg  |   3.101.204 |   6.710.474 |+ 116,38 |   5.065.283
Tonn. Km trasp.                    T/K |  19.006.620 |  40.197.906 |+ 111,49 |  27.304.538
Tonn. Km offerte                   T/K |  40.340.981 |  99.746.761 |+ 147,26 |  63.866.568
Coefficiente utilizzazione posti   %   |     51,4    |    51,8     |         |     -
Coefficiente utilizzazione globale %   |     47,5    |    44,8     |         |    42,8
da Alata, settembre 1971

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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda hal » dom 19 feb 2017, 18:43:55

GRAZIE per il contributo!!!
Sperando sia solo il primo d'una serie! :applausi: :applausi: :applausi:
Il maggior nemico della conoscenza non è l’ignoranza,
è la presunzione della conoscenza.


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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda mxp98 » dom 19 feb 2017, 19:06:14

Ottimo.
Marco
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda FlyCX » dom 19 feb 2017, 20:51:53

Bello.
Le notizie che sarebbero state postate sul forum prima che nascesse internet!
“È bastato che O’Leary prevedesse il fallimento della nostra compagnia, che, da quel momento, è aumentato il nostro fatturato” il soggetto non è Alitalia ma Lufthansa

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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda mxp98 » dom 19 feb 2017, 21:03:05

Alata a quei tempi era la rivista aeronautica per eccellenza mentre Jp4 nasce nel 72.
Marco
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda mxp98 » lun 20 feb 2017, 08:33:11

L'inefficiente sistema aeroportuale italiano da sempre spina nel fianco del trasporto aereo del paese.
Marco
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda KittyHawk » lun 20 feb 2017, 11:13:57

Visto che mxp98 cita il sistema aeroportuale italiano e che in altri thread si discute su BGY, anticipo di qualche giorno un articolo degli inizi degli anni '70 in cui si parla non di pantaloni a zampa di elefante ma del sistema aeroportuale milanese, compreso un Orio al Serio ancora in mano all'Aeronautica Militare e che si voleva trasformare in aeroporto civile. Buona lettura!
GLI AEROPORTI DI MILANO
di Luigi Ranieri
Giusto un paio d'anni fa, al Collegio Ingegneri di Milano, l'architetto Vittorio Gandolfi, progettista del piano generale di sviluppo della Malpensa approvato dal Consiglio Superiore dell'Aviazione Civile, illustrò il futuro degli aeroporti milanesi.
Fece una premessa: «La scelta della zona per un nuovo aeroporto e per il conseguente potenziamento è in funzione non solo della sua distanza dai centri di ricezione ma anche della notevole entità di altri fattori la cui singola prevalenza può rendere difficile la decisione della preferenza». Questi fattori erano: problemi di circolazione aerea, libertà nell'aria e presenza di ostacoli a terra; situazione meteorologica; disturbo ai centri abitati; difficoltà di reperimento delle aree; qualità del terreno; considerazioni di ordine economico; problemi di viabilità; distanza dai centri residenziali; particolari problemi di carattere sociale. «Nel nostro caso - aggiunse l'architetto - la risposta è evidente: l'avvenire è della Malpensa».
Tale opinione trova una conferma nei programmi di potenziamento previsti per Linate e Malpensa. Nel '74 (o '75) tutto il traffico internazionale dovrebbe essere trasferito dal primo al secondo scalo, allorché in quest'ultimo sarà pronta la nuova aerostazione e sarà efficiente il collegamento ferroviario tra la stazione di Porta Garibaldi a Milano e quella di Gallarate. A parte i noti problemi di nebbia a Linate, ci sono altri argomenti a vantaggio di questa decisione. Complessivamente tra tre anni nei due aeroporti milanesi transiteranno circa 8 milioni 300 mila passeggeri (2.371 .000 sui voli nazionali, 5.256.000 sugli internazionali, 673.000 sugli intercontinentali). Per il 1980 lo scalo gallaratese - per la cui ricostruzione il piano regolatore prevede una spesa iniziale di 48 miliardi - grazie alla nuova aerostazione e all'ampliamento delle piste, potrà assorbire un traffico aereo di circa 12 milioni di passeggeri con un movimento di 70 mila aerei.
La SEA, la società che gestisce gli aeroporti milanesi, ha da tempo improntato i suoi programmi di sviluppo sulla base delle previsioni di traffico a lungo termine a Linate e Malpensa: per il traffico passeggeri si avrà un aumento annuo del 15% nel periodo 1971-75, del 12,5 nel 1976-80 e del 10 dopo il 1980. Per le merci si prevede un incremento del 15 per cento per il primo quinquennio e dell'11-12 per il successivo. Ardua è la previsione circa l'aumento dei movimenti d'aerei, che è subordinato alla loro capacità media e al loro coefficiente di riempimento (non dovrebbe discostarsi molto dall'attuale 60%). In sintesi, nel 1980 negli aeroporti milanesi si dovrebbe avere un movimento di aeromobili, di passeggeri e di merci rispettivamente di 2,1; 3,7; 4,1 volte quello del '70. Per ricevere il traffico di Milano degli anni '75 e '8O si rende necessaria la realizzazione del progetto che la SEA chiama di Malpensa Sud-Ovest.
Ce ne parla il Direttore Generale della società, avv. Fassina. Nella zona Sud-Ovest dell'aeroporto della Malpensa sarà realizzata , si spera entro il 1975 e con una prima fase di lavori, una aerostazione per sei milioni e mezzo di passeggeri-anno ed un'aerostazione merci per 160.000 tonn / anno. Le aerostazioni verranno realizzate unitamente ad una serie di collegamenti stradali con la rete viaria esterna e con l'esistente zona aeroportuale, con piazzali esterni per 5-6.000 autoveicoli e interni per 26-32 velivoli nonché con bretelle per allacciamento dei costruendi piazzali aeromobili alle due piste esistenti.
La pista n. 2, che dovrà essere attrezzata per l'atterraggio strumentale a cura della Aeronautica Militare, non sarà necessariamente prolungata.
Allo stato attuale delle previsioni fino al termine del decennio '80 risulta sufficiente il suo utilizzo nella lunghezza attuale unitamente a quello dell'altra pista esistente, anche se il loro uso avverrà senza coordinazione. Successivamente, tra il 1985 e il 1990 si renderà necessaria la realizzazione di una nuova pista di 4 chilometri, sita a 2.330 metri dalla P. 1; si potranno far funzionare la P. 1 e la P. 3 per arrivi e partenze indipendenti anche in condizioni meteorologiche IMC e secondo le regole di volo IFR, utilizzando la P. 2 come ausiliaria.
In tali ipotesi la capacità di traffico, che per le due piste esistenti è attualmente di 95 .000 movimenti-anno, salirebbe a 180 190.000 movimenti-anno, senza contare l'apporto della pista ausiliaria specie in condizioni di VFR. Sulla base di un coefficiente passeggeri-volo di 120 il flusso annuo di passeggeri risulterebbe di 20-22 milioni. La capacità globale del flusso dei passeggeri-anno dei due aeroporti di Linate e di Malpensa salirebbe dunque a 24-26 milioni, il che imporrà un ulteriore adeguamento delle capacità ricettive passeggeri nelle misure richieste. La capacità annua di Malpensa, che attualmente è di un milione e mezzo di passeggeri, sarà al termine della prima fase di lavori elevata a 7,5-8 milioni, mentre quella di smaltimento delle merci passerà dalle 50.000 tonn attuali a 210 mila tonn-anno. Alla capacità globale di Malpensa dovrà naturalmente, aggiungersi quella di Linate con i suoi 4 milioni e mezzo di passeggeri, con le sue 80 .000 tonnellate di merce alla data odierna e con 175.000 nel 1975, e con una capacità annua di 75 mila movimenti di velivoli.
Una seconda fase di costruzioni si imporrà a Malpensa Sud-Ovest verso la fine degli anni '70 con la costruzione di due nuove aerostazioni, sempre per 6-6,5 milioni di passeggeri e per 160 mila tonnellate di merce, onde portare la capacità a 12-13 milioni di passeggeri e a 320.000 tonnellate di merce e poter, quindi, affrontare il traffico che si verificherà a Milano attorno al 1980. La capacità di Malpensa sarà allora di 13,5-14,5 milioni di passeggeri-anno e di 370.000 .000 di tonn di merce-anno. Verso la metà degli anni '80 potrà rendersi necessaria anche l'integrazione delle attuali sovrastrutture di Malpensa-Nord, secondo un progetto di completamento già predisposto dalla SEA . per raggiungervi una ricettività di 4 milioni di passeggeri che, con il totale dei passeggeri accolti dalla Malpensa Sud-Ovest, porterebbe la capacità totale della ricettività dello scalo a 17,5-18,5 milioni di passeggeri quando l'intero traffico stimato sui due aeroporti di Milano sarà di 22 milioni di passeggeri. Solo dopo di allora si imporrà la costruzione della terza pista di cui si è prima parlato.

Un terzo aeroporto nella zona
In questa evoluzione si è inserita da qualche tempo l'iniziativa dell'aeroporto di Bergamo. A tre chilometri e mezzo dalla città, Orio al Serio è attualmente gestito dal Ministero Difesa-Aeronautica. Per sollecitare la trasformazione da scalo militare a civile, il 16 luglio 1970 si è costituita la «Società per l'aeroporto civile di Bergamo-Orio al Serio SpA0187 presso la locale Camera di Commercio. Presieduta dal Presidente di questa Attilio Vicentini , ne fanno parte industrie, banche, i comuni interessati, la provincia, l'Unione industriali, I'Aeroclub. Richiesta la concessione di effettuare senza finanziamenti esterni la completa ristrutturazione dello scalo, la società si propone di dare un nuovo assetto ad Orio al Serio, in due fasi : ripristino delle piste, ricostruzione dell'aerostazione, installazione delle aeroassistenze prima; successivamente, prolungamento dell'attuale pista da 1.800 a 3.000 metri.
Contrari all'iniziativa sono in molti, prima di tutti la SEA. Essa rivendica l'impegno finanziario per potenziare Li nate con funzione regionale. Il Presidente della società, Morazzoni, ha posto l'accento sull' «inutile sperpero che deriverebbe alla ricchezza nazionale per altre strutture, nessuna delle quali finirà per essere compiutamente efficiente e produttiva». Dal canto suo, ricordato che Orio al Serio è coinvolto nel sistema di circolazione aerea dell'area terminale di Milano, il Direttore Generale dell'Aviazione Civile, gen. Santini , ebbe a dichiarare: «Non bisogna dissociarsi dal fatto che esiste già un sistema aeroportuale a Milano e che quindi la introduzione di questo nuovo aeroporto porterebbe, se non proprio del nocumento, perlomeno un certo disturbo; il quale risulterebbe poi aggravato, a mio parere, dai quadri della circolazione aerea dell'area terminale».
L'ing. Giorgio Panizzon, membro del Consiglio d'amministrazione della società per l'aeroporto di Bergamo e progettista per le nuove opere, ci ha dichiarato che l'apertura al traffico di Orio potrà avvenire alla metà di dicembre. mettendo in rilievo che questo aeroporto non si pone come concorrenziale nei confronti di Linate - del quale può in ogni modo utilmente fungere da alternato, godendo di eccellenti condizioni atmosferiche per quasi tutto l'anno - ma nasce per corrispondere alle esigenze dell'area di Bergamo e, essendo ubicato alla confluenza di un ricco sistema viario (è a 25 minuti di auto per oltre 2 milioni e mezzo di abitanti) può agevolmente servire anche Brescia, Lecco ed altre località fino a Cremona; la questione della interferenza col traffico di Linate è stata già risolta, con lo spostamento a Sud per 25 km del radiofaro di Trezzo e la variazione dei confini della TMA Linate e delle relative procedure.
Una compagnia aerea, l'ltavia, si è subito dichiarata disposta ad effettuare servizi sull'aeroporto bergamasco , ed ha programmato un servizio bigiornaliero per Roma, e giornalieri per Cagliari e Catania. Il gen. Martinelli , Direttore Generale della società. ci conferma che l'ltavia ha già ottenuto la concessione ministeriale per queste linee, sulle quali verranno usati i bireattori Fokker F.28 e successivamente DC.9; anche a suo parere l'aeroporto di Orio al Serio ha una funzione eminentemente locale, e corrisponde alle necessità di una vasta zona il cui sviluppo economico richiede la disponibilità di un adeguato scalo aereo.
In proposito il ministro Viglianesi ha già espresso il suo punto di vista. «lo non contesto che una diminuzione di traffico a Linate possa registrarsi - ha detto - ma sono convinto che si tratta di una diminuzione molto modesta». D'altra parte Orio al Serio «può costituire una eccellente alternativa: esso è una valida soluzione - ha proseguito il ministro - a un problema annoso e tipico della zona: la nebbiosità che ostacola in modo determinante lo svolgimento dei traffici aerei regolari con Milano durante la stagione invernale».
Intanto, entro il 31 dicembre prossimo la «Società per l'Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio SpA» deve dare esecuzione al deliberato di portare a 200 milioni il capitale sociale.
da Alata, novembre 1971

KittyHawk
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda KittyHawk » ven 24 feb 2017, 22:00:22

Siete curiosi di sapere cosa si scriveva, oltre 40 anni fa, durante una delle innumerevoli e ricorrenti crisi di Alitalia? Ecco il primo di alcuni articoli che posterò in questi giorni. Notate come, a parte alcuni aspetti legati all'epoca, il succo della sostanza è lo stesso dei giorni nostri, come pure certe idee che non sono ancora passate di moda.
Alitalia: si ricomincia daccapo
di Lino Gilio
Quello che doveva essere fatto, è stato fatto. I mali incurabili si estirpano con operazioni chirurgiche che richiedono, per una buona riuscita, un ottimo operatore e un paziente intelligente. Poi, se tutto va bene, dopo una congrua convalescenza, si ricomincia a vivere daccapo.
Per l'Alitalia è avvenuta più o meno la stessa cosa: l'équipe chirurgica Tupini-Nordio ha adottato l'unica soluzione possibile: ha tagliato il capitale sociale dell'azienda di 47,5 miliardi, pari alla quantità di perdite accumulate negli ultimi esercizi e ha chiesto all'assemblea dei soci il contestuale reintegro a 50 miliardi. L'azionista ha capito che il sacrificio era pesante, ma ha pure compreso che era l'unica strada per ridare alla società una capacità di ripresa. L'IRI, titolare quasi esclusivo delle azioni ordinarie, ne ha proposto l'azzeramento per salvare una parte, sia pure modesta, del valore dei titoli privilegiati sottoscritti da un gran numero di risparmiatori privati. Le azioni ordinarie sono state fatte uguali a 0; quelle privilegiate da 10.000 sono scese a 1.000.
Chirurgo dunque capace e paziente intelligente. Adesso comincia la fase di convalescenza: per il 1975 la Compagnia di bandiera ha dimensionato il proprio programma di attività alle mutate condizioni del mercato, ponendo già in atto una serie di misure dalle quali si attendono sostanziali miglioramenti, rispetto al risultato di gestione che si sarebbe ottenuto operando con il pieno utilizzo della flotta disponibile. Tali misure configurano un contenimento dell'attività in termini di capacità offerta attraverso l'abbandono di linee non remunerative, la rinuncia per il momento all'avvio di nuovi servizi, la rarefazione di alcune frequenze e la radiazione dalla flotta dei tipi di aeromobile che, per obsolescenza tecnica, sono sul piano economico maggiormente vulnerabili a seguito dell'ascesa abnorme di tutti i costi, in primo luogo quello del carburante. Nel complesso sono stati eliminati 14 aeroplani, è stata ridotta la capacità offerta sul Nord Atlantico, sono stati abbandonati 16 scali, è stata chiusa l'attività nel settore dei voli a domanda a breve e medio raggio. Per gli anni successivi al '75 si stanno già elaborando i dettagli operativi di un programma pluriennale inteso a restituire all'azienda il ritorno all’economicità.
Quanto è stato fatto non dev'essere però considerato come una semplice operazione di ridimensionamento. Al di là di questa fase iniziale coincidente con gli sconvolgimenti causati dalla crisi energetica, il programma di ristrutturazione si propone di realizzare un profondo rinnovamento delle strutture dei servizi, della flotta e dei supporti tecnici ed organizzativi della società, in maniera di consentirle in futuro di partecipare profittevolmente al rilancio dell'industria, espandendo e potenziando nuovamente la propria attività.
C'è un solo interrogativo a questo punto: è sufficiente l'operazione fatta sul capitale sociale a ridare slancio alla Compagnia, tenuto conto che la crisi del petrolio si protrarrà ancora a lungo? Probabilmente no. Bisognerà allora ricorrere a misure straordinarie che non interessano solo la società in quanto tale, ma anche lo Stato. Ci riferiamo alle sovvenzioni di cui tanto si parla in questo periodo.
Un intervento finanziario dello Stato, per sopperire a perdite dovute ad eventi eccezionali, è legittimo o meno? La struttura privatistica dell'azienda, anche se svolge un pubblico servizio, lo può consentire? Lasciamo ai giuristi la risposta a questi interrogativi. A noi interessa un altro aspetto del problema: l'industria del trasporto aereo in questo momento non è in grado con le sue sole forze di far fronte alle conseguenze della crisi petrolifera. Forse fra due o tre anni, con congrui aumenti tariffari, si riuscirà a riportare in pareggio la gestione. Nel frattempo, però, si continuerà ad operare in perdita. Un supporto temporaneo, che non deve in alcun modo significare integrazione di bilancio, aiuterebbe a colmare il divario tra l'aumento dei costi del carburante e gli insufficienti aumenti tariffari. Altri paesi per le loro compagnie hanno in bilancio interventi finanziari di sostegno. Perché non farlo anche noi? Non aiutare l' Alitalia in questo momento, potrebbe anche significare la perdita di fette di mercato difficilmente riconquistabili in futuro.
da Alata, febbraio 1975

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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda mxp98 » ven 24 feb 2017, 22:43:57

Tale e quale con l'aggravante che oggi non c'è nessuna crisi petrolifera in atto, anzi......
Marco
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda belumosi » sab 25 feb 2017, 10:05:18

Grazie anche da parte mia.
A leggere certi articoli, l'impressione di immobilismo che sembra pervadere da sempre l'Italia è davvero disarmante.

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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda I-DANB » sab 25 feb 2017, 11:07:19

Ma soprattutto, che in certi ambienti, gli errori commessi nel passato non vengono neanche minimamente presi in considerazione
Deve sapere, mio caro signore, che sono uomo di mondo....Ho fatto il militare a Cuneo !!

KittyHawk
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda KittyHawk » mar 28 feb 2017, 00:28:59

Il cercare di proteggere alcune aziende o settori industriali non è sbagliato a priori per una nazione, purché questa protezione non si risolva esclusivamente nel conservare uno status quo di inefficienze e di sprechi. In particolar modo non si devono penalizzare altre aziende nazionali o privare i cittadini di servizi e prodotti altrimenti ottenibili.
Alitalia - ma potrei parlare anche della Fiat di non moltissimi anni fa - sfortunatamente non fa parte degli esempi virtuosi.

Ci si ricorderà ad esempio, di Air One e LH Italia, dove un'Alitalia non interessata realmente a sviluppare MXP diede comunque battaglia ai tedeschi, aiutata in parte da compiacenti autorità italiane (anche gli uomini di Colonia ebbero le loro colpe), affinché non avessero successo. Poi, appena LH Italia gettò la spugna, non occorse attendere molto tempo per vedere sparire i velivoli di Air One dalla brughiera.

Questo atteggiamento del "non mi interessa, ma non voglio neppure lasciartelo fare" non è recente, ma risale molto indietro negli anni, come dimostra l'articolo che segue (i paragrafi sottolineati sono mie evidenziazioni).
NEGATI I PERMESSI CHARTER ALL'AEROPA
Siamo al trust?
L'Italia è forse l'unica tra le nazioni, aeronauticamente progredite, che non abbia sviluppato parallelamente al volo regolare di linea il settore «charter», cioè il cosiddetto volo a domanda non regolare che offre a gruppi di persone che possano «riempire» l'aereo (provenienti da aziende, ditte, società, associazioni, enti pubblici, ecc.) la possibilità di compiere un «viaggio» molto più economico del primo che, come è noto, è legato a orari e giorni fissi e quindi a partenze anche senza un carico completo. È vero che l'Alitalia ha, nel '59, rilevato la SAM (Società Aerea Mediterranea, con caratteristiche charter) dal suo fondatore Umberto Klinger ma è altrettanto noto come l'allora direttore generale della compagnia di bandiera Bruno Velani non abbia mai creduto nella funzione delle compagnie a domanda per cui il settore non ha avuto (né ieri né, stranamente, oggi con altri al timone) il progresso auspicato da chi in Alitalia e fuori credeva e crede giustamente in tale tipo di volo. Era logico pertanto attendersi la nascita, al di fuori del «giro» Alitalia, di una società siffatta, cosa che avvenne ad opera di pochi audaci i quali contrastando l'innaturale, voluta e forse imposta tendenza dell'Alitalia e considerando del tutto necessario il charter per sviluppare il trasporto aereo di massa e altresì rompere lo strapotere e l'egemonia degli stranieri che operavano e operano in folto gruppo in Italia, costituisce in autunno del 1972 l' Aeropa, linee aeroturistiche italiane. Vengono chieste le necessarie autorizzazioni ad operare con aerei del tipo Boeing 707, ma già allora si poteva assistere ad un lungo tergiversare della Direzione generale dell'aviazione civile che, comunque, dopo una serie interminabile di atti burocratici, emetteva la «licenza» nel luglio 1973. L'obiettivo dell'Aeropa era ed è il lungo raggio e in particolare l'Estremo Oriente il cui scalo di Bangkok era stato oggetto di una accurata ricerca di mercato durata oltre tre·anni. Per tale aeroporto tra il '73 e parte del '74 furono concessi da Civilavia i diritti di traffico, cosa che accadde anche per Nairobi nel Kenia in minor misura. Durante il '74, però, la DGAC cominciò e rispondere «picche» alle richieste dell' Aeropa per Bangkok cosicché, se si eccettua due soli voli effettuati nel dicembre dello stesso anno su autorizzazione diretta del Ministro dei trasporti, si poneva la società in condizioni di non poter proseguire dal gennaio '75 il programma thailandese da cui la grave decisione dell'azienda di fermare l'attività e licenziare il personale in data 15 febbraio ultimo. Il Gen. Paolo Moci, direttore generale dell'aviazione civile, ricevendo una delegazione del personale dichiarava l'impossibilità (sic) della sua direzione di rilasciare i diritti per i voli per Bangkok in quanto concorrenziali con la compagnia di bandiera (Alitalia) affermando peraltro di essere disponibile ad altre autorizzazioni; la direzione Aeropa smentisce la seconda parte della dichiarazione perché da tempo ha chiesto invano voli per il Nord Atlantico e per l'Africa.
Di chi la ragione? purtroppo, a questo punto, non ha molta importanza. Rimanendo comunque ai «perché» dell'uomo comune ci si può domandare: ha sbagliato l'Aeropa nella conduzione dei voli? si indichino le dovute correzioni e si ammonisca se è il caso; ha pestato i piedi all'Alitalia? ripeto bisogna provarlo con dati alla mano; ha ostacolato interessi nazional-stranieri (favoriti oltre misura in Italia)? è tempo che si imposti, anche al di fuori dell'Alitalia a cui non interessa, una politica charteristica in Italia e questa appare l'occasione più propizia. Non si può giocare sulla pelle di 100 persone altamente specializzate e disperdere gli enormi capitali impiegati la cui passività si riflette conseguentemente su tutta la collettività. Né l'Aeropa è il solo caso. Come si giustifica poi l'assicurazione data al personale dalle aziende irizzate del settore (ATI e Alitalia) sulla continuità d'impiego e di salario, mentre si permette ad una società privata che, con notevoli sacrifici, si mantiene a galla nel bel mezzo di una recessione economica del trasporto aereo di licenziare il proprio organico a causa di ingiustificati ripensamenti ministeriali? Ripeto che se l'Alitalia non vuole o non può fare i charter si dia fiducia ad altri imprenditori; non si può assistere inermi alla vista di una SAM inattiva e improduttiva. Ritorniamo forse ai tempi della nascita dell'ATI come misura anti-Itavia?
da Alata, marzo 1975

easyMXP
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda easyMXP » mar 28 feb 2017, 08:22:51

Sono oltre 40 anni che in Italia tutto ruota intorno al carrozzone romano con risultati disastrosi, con il bel risultato che il quarto mercato europeo non è riuscito a sviluppare una o più compagnie decenti ed è in mano a compagnie straniere.
E' tempo che AZ venga eliminata come si fa con le piante infestanti.

KittyHawk
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda KittyHawk » sab 04 mar 2017, 07:41:44

Prestito ponte, intervento straordinario, oggi si perde dopodomani si guadagna... uhm, sono concetti che mi pare di aver sentito anche in tempi recenti, ma dove? :confuso: :lol:
PRESTITO DA RESTITUIRE CON UN SERVIZIO MIGLIORE
Numeri in rosso per l'Alitalia
di Natale Gilio
Giuseppe Petrilli, Presidente dell'IRI, parlando alla Commissione Trasporti della Camera, è stato molto chiaro: o lo Stato sostiene l'Alitalia con finanziamenti di tipo straordinario, o la Compagnia di bandiera deve procedere gradualmente allo smantellamento dell'attuale organizzazione, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili.
Giorgio Tupini e Umberto Nordio, rispettivamente presidente e amministratore delegato della Compagnia, non sono stati da meno di Petrilli nell'illustrare la grave situazione finanziaria.
Come si è arrivati a tutto questo? Sul principio degli anni '70, quando l'industria aeronautica ha introdotto sul mercato gli ultimi modelli di aviogetti, il tasso annuo di crescita della domanda globale è sceso mediamente dal 15 al 10%. Era l'inizio di un'involuzione che gli esperti avevano in parte già scontato. Le Società aeree hanno cercato di reagire tentando di stimolare l'aumento del traffico con misure promozionali, praticamente con una sempre più estesa riduzione delle tariffe, mentre contemporaneamente crescevano i costi di esercizio.
Improvvisamente, però, è sopraggiunta la crisi petrolifera. Per l'Alitalia le conseguenze della guerra del Kippur hanno avuto riflessi particolarmente pesanti, in quanto venivano ad unirsi a preesistenti condizioni di notevole disagio. In primo luogo, l'inadeguatezza delle infrastrutture aeroportuali, del sistema di assistenza al volo e dei collegamenti con le città (vedi Fiumicino). A questo, si aggiungano la crisi economica interna, la crescente concorrenza, per il turismo, di altri Paesi dell'area del Mediterraneo, e la rigidità della struttura aziendale che, per la parte relativa al personale, registrava e registra costi particolarmente elevati.
Le ripercussioni sul bilancio dello scorso anno si conoscono e le abbiamo già commentate in altre occasioni. Come prima misura, il nuovo management dell'azienda ha adottato l'unica soluzione possibile: la svalutazione del capitale da 50 miliardi e 2 miliardi e 500 milioni, e la reintegrazione del capitale stesso, con iniezione di danaro fresco proveniente soprattutto dall'azionista di maggioranza, cioè l'IRI.
Quali previsioni si possono fare? A breve-medio termine è inevitabile che il divario costi-ricavi permanga. A medio-lungo termine, la curva dei proventi dovrebbe ricondursi a quella dei costi, consentendo così il risanamento delle gestioni. È chiaro, comunque, che le dimensioni delle perdite accumulate non potranno risolversi con la sola attività aziendale. Ci vogliono degli interventi straordinari. Quali? È il nodo su cui si va dibattendo in questo periodo. Si era partiti, circa un anno fa, con l 'esigenza di un contributo eccezionale di circa 60 miliardi che dovevano servire a coprire il deficit della Compagnia, dovuto all'aumento dei costi del carburante. Ma questa cifra sarebbe stata sufficiente se, nel frattempo, le tariffe fossero state riviste per renderle adeguate agli attuali costi. Il che, come sappiamo, non è stato. Ci vorrà allora, probabilmente, un aiuto più consistente. E infatti, proprio nei giorni scorsi l'Alitalia ha avanzato una richiesta per un prestito garantito di 200 miliardi. Una cosa però dev'essere chiara: si dovranno concedere apporti straordinari, limitati nel tempo. ln altre parole, nessuna erogazione dovrà essere fatta a «babbo morto». Ad onor del vero, gli stessi amministratori della Compagnia rifiutano un aiuto di questo genere. Le vicende Finmare insegnano che i contributi di tipo assistenziale tendono a diventare istituzionali, e, invece di risolverli, aggravano i problemi. D'altra parte, per aiutare l' Alitalia il Governo ha degli esempi: quello che si sta facendo negli altri Paesi per sostenere le rispettive Compagnie. La logica di questi interventi è una sola: se il servizio aereo è di pubblica utilità, non dev'essere aggravato da aumenti di costi dovuti non a fattori interni, ma a fattori di carattere internazionale. È giusto allora che, trattandosi di eventi di fuori di ogni possibile controllo, le spese vengano pagate dalla collettività intera, se vuole continuare ad usufruire di un servizio utile e necessario. Però è altrettanto giusto che queste spese non diventino eterne e possano essere sottoposte al controllo di tutti.
da Alata, maggio 1975

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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda FlyCX » sab 04 mar 2017, 09:31:18

A proposito di dati storici: gli attuali 3 voli (neanche daily) di AZ sono un minimo storico per la compagnia italiana.
Se ho fatto bene i conti è il dato più basso dai primi anni '70, quindi in più di 40 anni!
“È bastato che O’Leary prevedesse il fallimento della nostra compagnia, che, da quel momento, è aumentato il nostro fatturato” il soggetto non è Alitalia ma Lufthansa

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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda easyMXP » sab 04 mar 2017, 09:34:37

A parte l'italiano un po' desueto, potrebbe essere stato scritto oggi.
L'unica cosa buona da fare per Alitalia è chiuderla.

KittyHawk
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Re: Dust Off- l'aviazione civile qualche decennio fa

Messaggio da leggereda KittyHawk » gio 09 mar 2017, 10:31:33

Alitalia, come scrive easyMXP, fa parte di diritto degli evergreen del giornalismo. Avete presente quegli articoli e servizi radiotelevisivi che escono a Ferragosto o sotto Natale, con le persone in coda sull'autostrada o che mangiano l'anguria sotto l'ombrellone oppure percorrono le vie del centro piene di pacchi e pacchettini? Per i giornalisti sono una pacchia. Basta prendere il materiale dell'anno o degli anni prima, correggere e aggiornare due o tre punti, e il lavoro è fatto.

L'articolo che segue, con alcuni tagli e aggiustamenti, potremmo ripubblicarlo anche domani.
Per quelli più giovani, le chiavi di lettura di alcuni riferimenti presenti: il "contratto del secolo" è quello che avrebbe visto vincitore l'F-16 contro il Mirage F1, nella gara per il sostituto dell'F104 in diverse aeronautiche europee, mentre il Boeing 7X7 identificava allora una famiglia di aerei passeggeri, da cui successivamente sarebbe uscito il B767.
Il grido di dolore dell'Alitalia
La compagnia di bandiera non ha passato una buona estate: il 30 giugno ha presentato un bilancio con un deficit di 37 miliardi e 95 milioni, che sommati agli 11 miliardi e mezzo di passivo accumulati nelle annate precedenti formano un «buco» di 48 miliardi e 640 milioni. Il giorno dopo l'Amministratore Delegato Umberto Nordio teneva una conferenza stampa dove con calma e stile, come un ammiraglio sulla tolda della propria nave colpita, raccontava i numerosi guai della compagnia e si offriva come bersaglio alle più svariate interrogazioni.
Da allora la situazione non è sostanzialmente mutata, perché il nostro Paese sembra più che mai star attraversando un periodo di paralisi di ogni decisione, come se gli uomini che hanno il potere fossero tanto presi a trattenerlo con ambo le mani e i denti da non avere alcun modo di occuparsi d'altro. l mali che affliggono l'Alitalia sono quelli che fanno scrivere in rosso il bilancio di quasi tutte le compagnie aeree del mondo, e cioè l'alto prezzo del carburante e del lavoro, l'eccesso di aeroplani, posti, e personale rispetto alla domanda; più altri mali meno universali, come il ritardo nel rinnovo della concessione da parte dello Stato e i problemi sindacali, che anche le concorrenti hanno, ma non in questa forma virulenta.
I Sindacati, ha detto Nordio, hanno formulato critiche prive di fondamento, come l'accusa di non aver comprato il BAC 111 («Siamo soddisfattissimi dei DC 9» ha detto l'Amministratore Delegato) o quella di aver comprato i motori Rolls Royce per i DC 8 da una Rolls Royce fallita (accusa idiota, perché i motori «Conway » vanno benissimo, e sono stati comprati molto tempo prima del fallimento della famosa casa, fallimento che peraltro non si è mai riflesso nella qualità dei motori prodotti).
C'è un contrasto sindacale in atto fra la FULAT (Federazione Unitaria Lavoratori dell'Aero Trasporto) e l'ANPAC, il sindacato apartitico dei piloti di linea; nella rissa, l' Alitalia e i suoi passeggeri ci vanno di mezzo, senza che le autorità governative facciano quanto è in loro potere per mettere d'accordo le due parti.
Quello che più si risente in Italia è la mancanza di una politica aeronautica; invero non c'è mai stata, ma ai tempi d'oro l'Alitalia ne faceva bene a meno, arrangiandosi da sé, oggi avrebbe piacere di avere a fianco lo Stato. Avendo assistito alle lotte senza quartiere per il «contratto del secolo», in cui Americani e Francesi si sono colpiti anche sotto la cintura pur di difendere le proprie industrie, verrebbe da sperare da parte dei nostri non certo un tale accanimento, ma almeno un'attiva coscienza degli interessi nazionali, compresi quelli della compagnia di bandiera.
L'Alitalia i suoi piani li ha formulati da un pezzo: nell'autunno del 1974 i dirigenti hanno elaborato uno studio per la ristrutturazione della flotta e della rete, che ha preso il nome di 5922. Nel quadro di questo studio sono state soppresse 13 frequenze settimanali per il Nord America, e sono stati chiusi gli scali di Chicago e Philadelphia; rimangono aperti gli scali di New York, Boston, Montreal e Toronto, serviti esclusivamente dai DC. 10 e dai B. 747; i DC. 8 sono stati tolti dal Nord Atlantico. Per il Centro e Sud America sono impiegati esclusivamente i DC. 10, e sono stati chiusi gli scali di Lima e Montevideo. Il previsto scalo a Città del Messico, che si doveva aprire quest'anno, non è stato aperto. In Africa è stato abolito lo scalo di Asmara, e ridotta di una frequenza settimanale la linea con l'Etiopia. Abbandonato lo scalo di Douala, abbiamo invece per il Cairo l'unico aumento di frequenza; da trisettimanale la linea diventa quotidiana. Con la rinuncia alla Transiberiana, l'unica via per l'Oriente rimane quella classica: Pakistan-India-Thailandia-Hong Kong. Rotte ottenute dopo anni di negoziati, che sembravano agognati traguardi, hanno dovuto essere abbandonate; e lo stesso è accaduto in Europa, dove fra le altre linee si è chiusa quella Venezia-Vienna che era stato uno dei primi collegamenti internazionali delle linee aeree italiane; sono stati abbandonati gli scali di Casablanca, Nicosia, Marsiglia, Tirana, Budapest, Dubrovnic. Dal lato positivo, indice del rinnovato interesse che suscita il Medio Oriente, è stato riaperto il collegamento settimanale con Damasco.
In sintesi il piano 5922 è un piano di stretta austerità, che porta ad una diminuzione delle entrate; si prevede alla fine della stagione estiva un decremento del 6 per cento in tonnellate-km, sulla rete intercontinentale, un 7,6 per cento sulla rete euromediterranea, e un 4,3 per cento su quella nazionale. Ma ci si attende che questo decremento sia compensato da un'economia in misura molto maggiore. Ma la riduzione di spese prevista nel 5922 non basta certo a sanare un malato così grave come il bilancio Alitalia: se si verificheranno scioperi pesanti, se il contratto in via di rinnovamento dovesse essere troppo oneroso, afferma Nordio, le perdite che si accumuleranno nel prossimo triennio potrebbero raggiungere un terzo del capitale sociale. In tali condizioni, senza l'aiuto dello Stato, la compagnia di bandiera potrebbe essere costretta ad ammainare bandiera.
Fiumicino, con le sue permanenti deficienze, continua ad essere una spina nel fianco dell' Alitalia, che fra la disfunzione del suo massimo scalo e la disfunzione del suo sistema di prenotazioni, oggetti addirittura di un sabotaggio, non dà certo una buona impressione a chi arriva e a chi cerca di prenotare un posto.
Parlare in queste condizioni di rinnovo della flotta ha un sapore un po' ottimistico; ma l'Alitalia ha previsto un «profondo rinnovamento delle strutture dei servizi, della flotta e dei supporti tecnici e organizzativi della Società, in modo da consentirle in futuro di partecipare profittevolmente al rilancio dell'industria, espandendo e potenziando notevolmente la propria attività», come dice la relazione economica e patrimoniale. In particolare è previsto il rinnovo della flotta medio raggio, che è stato bloccato·dalla crisi; come aeromobili potrebbero essere scelti l'A. 300, il DC. 9/50, il Boeing 727/200, ovvero pensando al futuro il prossimo bimotore Douglas, o meglio ancora quel 7X7 che vedrà la collaborazione fra Aeritalia e Boeing.
Ma per il momento sono sogni: il problema maggiore è dato da aerei, posti e piloti in soprannumero rispetto alle richieste; i piloti in soprannumero sono circa duecento, e la compagnia tende a favorirne l'esodo volontario. Costano sette miliardi l'anno. Cosa riserva il futuro? Sarebbe strano che lo Stato, così pronto a soccorrere le ferrovie e la marina mercantile, trascurasse il trasporto aereo, l'unico che può vantare un saldo attivo nei confronti con l'estero.
da Alata, settembre 1975


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