Ita-Lufthansa, il paradosso delle richieste di Bruxelles: meno voli Italia-Usa e prezzi più alti
di Leonard Berberi
La richiesta dell’Antitrust Ue a Ita Airways e Lufthansa di ridimensionare la loro presenza sulle rotte intercontinentali — come condizione per dare l’ok alle nozze — rischia di avere diversi effetti negativi sull’Italia. Il primo: ridurrebbe i voli transatlantici diretti. Il secondo: costringerebbe un maggior numero di persone a fare scalo altrove per muoversi tra la penisola e Usa e Canada. Il terzo: priverebbe Ita di decine di milioni di euro di profitti che verrebbero «trasferiti» nelle casse dei vettori rivali che beneficerebbero dello spostamento della clientela verso i loro hub. Il quarto, forse il più paradossale: potrebbe favorire l’ingresso delle aviolinee extra Ue sulle tratte dirette tra il nostro Paese e l’America, una versione più estesa della Malpensa-New York che da oltre dieci anni viene servita anche da Emirates. È quanto sostengono diversi esperti del settore consultati questi giorni dal Corriere, confermando gran parte delle rimostranze che italiani e tedeschi hanno presentato nei giorni scorsi a Bruxelles.
Le obiezioni europee
Nelle criticità contenute nello «statement of objections», che i tecnici della direzione generale della Concorrenza Ue hanno inviato a Lufthansa e a Ita/ministero dell’Economia, un capitolo importante è dedicato alle rotte di lungo raggio: queste, secondo Bruxelles, finirebbero in una situazione anti-competitiva dopo l’unione italo-tedesca, danneggiando così i consumatori sia sotto il profilo economico (ci sarebbero prezzi più alti), sia della qualità dei servizi offerti (la fusione porterebbe meno voli).
Le rotte sotto la lente
Nell’elenco delle 39 rotte «problematiche» ce ne sono così 8 intercontinentali dirette nelle quali vola (o volerà) Ita Airways, ma non Lufthansa: sono quelle tra Roma e New York, Washington, San Francisco, Chicago, Toronto, Los Angeles, Miami e Tokyo. C’è poi un altro blocco di 5 collegamenti, sempre di lungo raggio, tra l’Italia e il Nord America dove non ci sono voli diretti, ma dove secondo la Commissione europea l’opzione con scalo è ritenuta problematica perché la maggior parte dei clienti transita o nell’hub del vettore tricolore (Fiumicino) o in quelli del gruppo tedesco (Francoforte, Monaco, Zurigo, Bruxelles, Vienna): Napoli-New York («solo in inverno»), Milano-San Francisco, Firenze-New York, Catania-New York, Bologna-New York.
I rimedi richiesti
Per questo — sostiene l’Antitrust Ue — Ita e Lufthansa se vogliono il via libera dovranno ridurre i loro voli diretti tra l’Italia e, in particolare, il Nord America, dovranno trovarsi un concorrente a cui «affidare» quelle frequenze liberate, dovranno anche aiutare economicamente il rivale, coprendo gran parte dei costi operativi. Richieste che i soggetti interessati respingono al mittente perché — sostengono — non solo non ci sarebbe una posizione dominante, ma anche perché nel calcolo andrebbero inserite le soluzioni con scalo: migliaia di persone che volano, per esempio, tra Milano e New York, pur avendo diversi collegamenti diretti, scelgono un viaggio con una sosta altrove (a Parigi, a Londra, ad Amsterdam, a Madrid, a Copenhagen).
Le conseguenze sulla connettività
Sullo sfondo, sottolineano gli esperti consultati, c’è un tema ancora più importante. Se accettate, le richieste Ue finirebbero per penalizzare il «sistema Italia» in modo significativo. Il che è spiegato da un numero: secondo i database specializzati ogni 100 persone che prendono un volo diretto tra Italia e Usa ce ne sono altre 55 che prenotano una soluzione con scalo (sempre tra i due Paesi) perché l’offerta di sedili sui collegamenti diretti non è sufficiente a soddisfare tutta la domanda. Tra i grandi Stati europei l’Italia è l’unica ad avere questa situazione, gli altri (Spagna, Regno Unito, Francia, Germania, Olanda) vedono una richiesta pienamente soddisfatta dall’offerta.
Poche alternative
Se Ita e Lufthansa dovessero cedere alle richieste di Bruxelles, riducendo così le frequenze — o addirittura uscendo da alcuni mercati — l’Italia finirebbe per avere meno connettività intercontinentale, peraltro con gli Usa. Questo, spiegano gli esperti, soprattutto perché anche con l’aiuto economico di italiani e tedeschi, difficilmente subentrerebbero compagnie europee. Da un lato perché i modelli di business non lo consentono: Air France-Klm, British Airways o Iberia funzionano sulla base dell’«hub and spoke» dove tutti i passeggeri convergono sui loro hub poi vengono smistati. Dall’altro lato avviare un volo intercontinentale diretto in una località che non è un proprio hub comporta spese significative tra apertura della base, gestione del personale, accordi con le società di handling, della manutenzione, del catering, eccetera.
Le ipotesi
Tutte criticità che, al momento, nessun vettore europeo sarebbe disposto ad affrontare. Gli esperti individuano tre soluzioni continentali alle richieste dell’Antitrust Ue: l’italiana Neos, la norvegese Norse Atlantic Airways e la tedesca Condor. Ma Norse — che vola tra Roma Fiumicino e New York — è una società low cost che ha solo le classi Economy e Premium economy, non ha la Business (dato il suo modello commerciale) e quindi offrirebbe un servizio parzialmente comparabile ai vettori tradizionali, cosa che varrebbe pure per Neos. Mentre Condor ha una vocazione «leisure», quindi poco funzionale alla clientela premium che si sposta per lavoro.
Il «trasloco» dei profitti
A questo punto gli unici vettori che possono farsi avanti per subentrare alle rotte dirette Italia-Usa di Ita potrebbero essere solo quelli extracomunitari, in assenza di paletti precisi dell’Unione europea sulla «nazionalità» dei concorrenti che possono entrare nel mercato. E si tratterebbe non soltanto delle statunitensi che già volano — Delta Air Lines, American Airlines, Delta Air Lines —, ma anche di jetBlue (a cui Ita e Lufthansa dovrebbe però dare gli aerei in grado di coprire la distanza) o persino Turkish Airlines, Emirates, Etihad, Qatar Airways: insomma proprio quelle compagnie che stanno mettendo in difficoltà da qualche anno le realtà europee sulle destinazioni intercontinentali (tra aiuti governativi, incentivi e querra tariffaria) e che sfuggono alle normative comunitarie stringenti in materia di emissioni nocive.
L’effetto indesiderato
La dinamica, secondo gli esperti, rischia di essere abbastanza chiara. Ita e Lufthansa tagliano le rotte o riducono le frequenze, nessuno o quasi subentra in quelle tratte lasciate per motivi antitrust, le persone vengono dirottate verso soluzioni con scalo non trovando più posto sui voli diretti rimasti, e l’Italia avrebbe un duplice danno, sia economico (meno profitti per Ita), sia logistico. Non solo. In questo periodo i tassi di riempimento dei voli transatlantici si aggirano attorno all’82-85%, gli aerei insomma sono quasi pieni. Spingere chi si muove tra Italia e Usa a fare scalo porterà le tariffe ad alzarsi ulteriormente, danneggiando il consumatore. Per non parlare dell’approccio Ue che sarebbe in contraddizione con quanto sostenuti da Mario Draghi ed Enrico Letta che, dopo aver analizzato l’intero sistema europeo, hanno sottolineato la necessità di imprese più grandi per competere con il resto del mondo.
Le discussioni a Bruxelles
Venerdì 19 aprile Ita e Lufthansa — spiegano al Corriere due fonti europee — hanno spiegato all’Antitrust Ue e a diverse parti interessate durante sett ore di confronto che il loro accordo non può essere equiparato a quelli tra Iag ed Air Europa e tra Korean Air e Asiana (questo approvato dal’Ue di recente). Non solo perché le due intese riguardano «operazioni di razionalizzazione» delle società per avere una posizione competitiva nei propri mercati, ma anche perché le sovrapposizioni delle rotte sarebbero minime nel dossier italo-tedesco. Secondo loro Ita ha 8 rotte su 89 in «overlap» con Lufthansa (il 9%), Lufthansa ne ha 8 su 1.406 (0,6%) con Ita. Mentre nel caso Iag-Air Europa, Air Europa ne ha 44 su 54 (81,5%) con Iag e Iag 44 su 80 con Air Europa (55%).
lberberi@corriere.it
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