Messaggio da leggereda cesare.caldi » sab 15 feb 2020, 09:17:16
Coronavirus, la paura di viaggiare. E dei controlli
La paura del virus, certo. Ma ancora di più la paura dei controlli. Il timore di rimanere impigliati in quella rete di verifiche che ormai è stata stesa negli aeroporti di mezzo mondo. E che una semplice febbriciattola, quando si viaggia può sempre capitare, si trasformi in quarantena. Magari in un Paese lontano, dopo un semplice scalo. È la sindrome da termoscan il vero granello di sabbia che in questi giorni sta bloccando chi deve partire. E anche gli ingranaggi di quella vera e propria industria nazionale che si chiama turismo.
I viaggi cancellati per il Coronavirus
Per farsi un’idea di quello che sta succedendo basta sfogliare il campionario delle disdette raccolte in queste ore dalle rete delle agenzie di viaggio. Una coppia di sposi ha annullato per maggio il viaggio di nozze in Brasile. Un’altra coppia lo ha cancellato per giugno, destinazione Caraibi. Una famiglia ha fatto retromarcia su un tour in Australia, programmato addirittura per agosto. Dalla Sicilia è stata cancellata una gita scolastica a Venezia con la motivazione, testuale, che «lì ci sono molti cinesi». Mentre non si contano le disdette verso il mare d’inverno, dalle Maldive a Zanzibar. Paura, sindrome da termoscan, psicosi. Resta il fatto che in questo momento non ci sono motivazioni reali per evitare queste destinazioni. Non c’è il cosiddetto sconsiglio del ministero degli Esteri. E chi cancella il viaggio perde i soldi, in tutto o in parte a seconda delle condizioni e del fatto che sia un viaggiatore fai da te oppure abbia scelto un tour operator. Proprio da Astoi, l’associazione dei tour operator, parlano di «reazione psicologica» che fa da freno non solo agli spostamenti ma anche «al pensiero di prenotare una vacanza in estate».
Le prenotazioni? Giù del 40%
Il dato certo è quello che riguarda la Cina, dopo lo stop ai voli deciso nei giorni scorsi dal governo italiano. Secondo Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, al momento mancano all’appello 500 mila turisti cinesi. Tanti erano stati tra gennaio e febbraio dell’anno scorso. Adesso sono a zero. E a zero potrebbero restare fino ad aprile, scadenza del blocco aereo se non ci saranno variazioni. Senza contare che quest’anno gli arrivi dovevano essere ancora di più. Non solo per la naturale tendenza del turismo cinese in Italia, che cresce a doppia cifra e per una volta ci fa essere primi in Europa. Ma anche perché il 2020 è l’anno della cultura e del turismo Italia—Cina. E c’è una miriade di eventi organizzati in tutto il Paese che avrebbe dovuto spingere le presenza ancora più in su e che invece adesso sono in bilico. A parte il numero zero alla voce Cina, le agenzie di viaggio hanno registrato un crollo del 40% delle prenotazioni dall’estero, soprattutto da Stati Uniti, Germania e Francia.
La ricerca, a rischio 4,5 miliardi di euro
Per misurare l’effetto complessivo del Coronavirus bisogna accontentarsi per forza di cose delle stime. Secondo l’istituto di ricerca Demoskopika, alla fine potrebbero essere cinque milioni i turisti che rinunceranno all’Italia per le loro vacanze. Se così andassero le cose, e naturalmente è ancora tutto da dimostrare, l’Italia pagherebbe un prezzo di ben 4,5 miliardi, circa il 5% fatturato dell’intero settore turistico. Una batosta. Tre quarti del costo sarebbero concentrati in quattro regioni: Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia.
Corriere.it