Il mondo visto dalla Francia

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hal
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Il mondo visto dalla Francia

Messaggio da leggereda hal » ven 11 gen 2008, 14:03:35

Posto qui l'articolo da Veresenews in quanto propone una analisi , a mio parere , veramente illuminante e senza dubbio necessaria per poter comptendere l'atteggiamento dei francesi nei confronti di rapporti economico industriali con altre realtà.
Ribadisco, posto l'articolo in questa sezione, poichè esso va al di là delle considerazioni prettamente aeronautiche. La lettura è un pò lunga , ma credetemi, dà veramente l'idea delle peculiarità francese all'origine della loro innata convinzione di grandeur.
E' antipatico autocitarsi, ma pemettetemelo , in quasi 40 anni di vita lavorativa, ho potuto ben constatare come loro si stupiscano e considerino assolutamente inconcepibile che non debbano esere considerati " il meglio" per definizione. Ovviamnete esperienza del tutto soggettiva e con le debite differenziazioni soggettive e personali che ognuno di noi si porta dietro.

"Alitalia, ovvero come si dice reciprocità in francese
Il caso Alitalia dopo un anno di corteggiamenti e rinvii ha imboccato (si attende solo che sia formalizzata la trattativa esclusiva con Air France) il suo rettilineo finale che come appariva ovvio da tempo porterà il nuovo padrone francese che ridimensionerà pesantemente per non dire cancellerà il primo scalo italiano del nord e il maggiore nazionale da un punto di vista del business, con la perdita di 20 aerei 1.800 posti di lavoro e di quasi tutte le rotte internazionali di Malpensa. La proposta francese prevede, il pagamento in sede di OPA (offerta pubblica d’acquisto) pari a 0,35 cioè meno della metà del valore che Alitalia ha in borsa. I transalpini è da molto in verità volteggiano sulla derelitta società nazionale un po’ come gli avvoltoi con i moribondi e più volte si sono dichiarati non interessati alla compagnia di bandiera ma era la tipica tattica che utilizzano, cioè quella del basso profilo per non urtare equilibri locali e non apparire come gli stranieri invasori, salvo poi comparire al momento giusto spalleggiati dal politico di turno come il salvatore provvidenziale. Alitalia infatti brilla per record negativi ha il sindacato più aggressivo, sistemi di fornitura poco trasparenti, il costo del lavoro più elevato, le sue tariffe sono 3 volte e mezzo quelle di Ryanair e perde 44 volte più spesso i bagagli della società irlandese, il 72% dei suoi voli arriva in orario contro l’87% di Ryanair, su indebitamento e bilancio meglio tacere. Per la Francia è un gran giorno inghiotte l’Alitalia, distrugge un formidabile concorrente per il Centro Europa (Malpensa) e conserva il sonnacchioso scalo romano, buono per pellegrinaggi, Giubilei, turismo e ministeri ma non per il cuore pulsante dell’economia. Nihil novum sub soli, lo schema è sempre identico da decenni: politici nazionali e locali (spalleggiati pesantemente dai sindacati) che per clientelismo, rivalità interne, insipienza e mancanza dell’interesse nazionale hanno cincischiato per anni rinviando quelle scelte industriali forti che sole potevano garantire il rilancio dell’azienda fintantoché le cose si sono aggravate ad un punto tale che mancando alternative si è venduto ‘al meglio’ usando un termine borsistico che tradotto in italiano vuol dire al peggio. Il gruppo nazionale AirOne di Carlo Toto, anch’esso interessato ad acquisire la società romana, benché fortemente sorretto dalle banche è apparso, per solidità patrimoniale, know how e agganci politici, a distanza siderale dai francesi che forti dell’acquisizione dell’olandese KLM sono diventati la più grande compagnia aerea del mondo, ma non certo la più redditizia né quella che vanta il miglior servizio. Air France è in teoria una società privata ma 2/3 della proprietà azionaria è francese (appartengono al complesso industriale transalpino) e il governo mantiene il 20%. Saremmo così il solo grande paese dell’U.E. senza compagnia aerea, con l’aggravante di possedere oltre la metà dei beni artistici del pianeta, miriadi di spazi turistici al mare, in montagna ed in campagna grazie a cui ne potremmo mantenere più d’una di compagnie aeree.
Tuttavia Alitalia è solo l’ultimo di una serie di tasselli che deve far riflettere.
A dare bene l’idea della contrapposizione italofrancese ci sono gli articoli con toni durissimi del “Sole” che si ripetono periodicamente, per il quotidiano di riferimento di viale dell’Astronomia non è infatti consueto usare certi epiteti: arroganti, prepotenti, sciovinisti. Quello che più sorprende però è che ci si stupisca visto che non si tratta a ben vedere di nulla di nuovo, i francesi hanno sempre agito così basta chiedere al gotha dell’imprenditoria italiana degli anni ‘80 da Agnelli (con l’acqua Perrier) a Berlusconi (La cinq) a De Benedetti (Societè Générale de Belgique), consigliato da Alain Minc come è accaduto pure all’Enel con la vicenda Suez.
Loro del resto sono un modello di capitalismo centralistico e statale che farebbe inorridire qualsiasi liberista, tutte le società del Cac40 (il principale indice borsistico francese) sono partecipate dallo stato, un sistema di partecipazioni incrociate e la provenienza del management dalla scuola statale d’amministrazione ne fanno un sistema chiuso e inaccessibile (qualsiasi grosso gruppo viene considerato strategico). Nessun Ceo dell’Esagono per quanto prestigioso ed apprezzato dal mercato porrebbe mai in essere un’operazione industriale all’insaputa dei politici che in Francia a prescindere del colore fanno rigorosamente gli interessi nazionali e difatti ogni settore economico è presieduto da un campione nazionale francese, naturalmente tutto ciò significa maggiori costi per i contribuenti transalpini, ma pure che i soggetti economici restano in casa e servono gli interessi locali.
In tutte le grandi operazioni di fusione che hanno visto la presenza dei francesi infatti sono stati sempre questi ultimi i predatori e gli esempi sarebbero infiniti da Sanofi, a Eads al blocco del deal di Pepsi su Danone, al caso dell’anglo-indiana Mittal che aveva nel mirino il gruppo metallurgico Arcelor sono volate persino parole razziste. Nell’operazione riguardante l’americana Lucent (un gigante attivo nei sistemi di telecomunicazione), preda di Alcatel, si è rispettata la forma parlando di fusione tra pari, peccato che qualcuno (Alcatel) era più pari dell’altro avendo la maggioranza delle azioni. Senza contare poi gli aiuti statali che hanno impedito il fallimento di colossi nazionali. L’Italia in tema di accaparramento transalpino è un terreno sterminato che pervade tutti i settori: dall’energia con Edf-Edison, a tutto il sistema della grande distribuzione italiana e dell’alimentare con Carrefour, Auchan, Danone e Lactalis (così tanti marchi gloriosi come Galbani o Locatelli hanno attraversato le alpi), alla moda (Gucci, Bottega veneta, Fendi con Ppr e Lvmh), all’editoria (raid di Lagardère su Rusconi), alle joint-ventures sbilanciate come quella tra Alstom e Finmeccanica nella difesa. Neppure l’immobiliare l’ha scampata infatti Foncière des régions si è comprata Beni Stabili. Ricchissimo anche il settore finanziario col blitz di Bnp su Bnl (con A.D. il francese Bonnafé), Intesa (controllata fino a pochi mesi fa col 18% dal Credit Agricole che aveva comprato pure Nextra, la più grande tra le Sgr nazionali) ha dovuto cedere Cariparma ai transalpini che ora hanno una rete di quasi 700 filiali, Mediobanca (col collaudato terzetto Bernheim, Ben Ammar e Bolloré che ha ormai superato il 20%), Carige e Bpm. La banca d’affari Lazard si è rivelata la concorrente più temibile in Italia per Mediobanca che dal canto suo ha inaugurato solo un paio d’anni fa la sua filiale parigina. Appannaggio dei francesi il promettente business del credito al consumo con l’Agricole e Bnp, buona anche la presenza di Societè Générale nell’investment banking. Non meno minacciose le operazioni che si stagliano all’orizzonte come il possibile attacco di Axa a Generali col paradosso dell’ottantenne francese Bernheim (presidente della compagnia triestina) che, con le sue periodiche dichiarazioni, si fa passare come paladino dell’italianità della compagnia. A fine 2005 è stata venduta una delle pochissime aziende finanziarie che vanta un primato internazionale, si tratta di MTS che gestisce il mercato dei titoli di stato all’ingrosso e se l’è aggiudicata una joint-venture costituita da Borsa italiana ed Euronext (borsa di Parigi), naturalmente il 51% ce l’avevano i francesi. Altro capitolo riguarda la abortita fusione Societé Générale Unicredit coi francesi che reclamavano già la sede a Parigi senza tener conto della maggiore capitalizzazione di piazza Cordusio e soprattutto della ben altra stoffa del nostro Profumo rispetto agli interlocutori parigini. Del resto il settore bancario come hanno avuto modo di sperimentare un po’ tutti è particolarmente impenetrabile e così si guarda verso est Almeno lì quando valichi i confini non mandano subito i B52 a bombardarti come i simpatici compatrioti di Bolloré, il rapace finanziere bretone che presta barche e aerei a Sarkozy sta puntando ultimamente Pininfarina (azienda dall’elevato indebitamento) con cui ha appena stipulato una joint-venture per l’auto elettrica..
Gli investimenti significativi in Francia sono 3: un’acquisizione di Ciment français (una mediopiccola società edile non certo un gioiello tecnologico o finanziario) da parte di Italcementi e la disastrosa operazione Moulinex (conclusasi col fallimento della società) da parte dei bresciani Nocivelli, Le acquisizione delle piccole case editrici Flammarion da parte di Rcs ed Emap di Mondadori pagate peraltro molto care. Emblematica la mancata opa di Enel su Suez bloccata immediatamente con l’emissione di warrant per l’aumento del capitale e l’annuncio fatto dal ministro De Villepin della fusione con altra azienda nazionale (Gaz de France), da notare peraltro che quest’operazione del principale operatore elettrico nazionale, che ammonterebbe a 50 mrd di euro, era stata concepita esclusivamente per acquisire Electrabel che è azienda elettrica belga (acquisita da Suez).
Nel 2005 gli investimenti francesi all’estero sono aumentati del 150%, quelli esteri in Francia sono crollati del 44%, nonostante ciò è partito subito un attacco all’Enel a Brusselle (Bruxelles in francese) e Chirac ha avuto il coraggio d’insultarci parlando di “interesse solo finanziario” della nostra società elettrica e mandando a lezione di mercato tutta Italia come degli sprovveduti, proprio lui che ha abbandonato per protesta l’aula quando in un incontro tra industriali si parlava inglese.
Per consolare l’orgoglio nazionale ferito resterà – oltre ai mondiali di calcio - qualche mezzo dispettuccio agli invadenti vicini, ma la politica industriale resta un’altra cosa! Da decenni la grande assente è proprio lei: la politica industriale. Si è passati dalle privatizzazioni affrettate ed a buon prezzo (per gli investitori), più per ragioni di rientro del deficit pubblico che per altro, alla stasi di questi ultimi anni senza che un vero disegno presiedesse a questi processi. Si poteva scegliere tra una vera svolta liberista all’inglese o alla spagnola ad un modello più sociale (tedesco) o al capitalismo di stato con la difesa delle imprese nazionali (Francia), invece come al solito si è scelto di non scegliere o meglio di tirare a campare con tante pmi (sempre più in crisi perchè incalzate dalla concorrenza asiatica e dalle difficoltà d’innovazione e di accesso ai canali finanziari) e pochissime grandi imprese comandate da imprenditori di nomina politica o “privati” che non amano rischiare (del resto controllano o controllavano gruppi da decine di miliardi di fatturato con esborsi infinitesimali grazie ad interminabili “scatole cinesi” che poi rivendono per conto proprio infischiandosene del mercato e non mancano mai di parlare di etica ai convegni di Confindustria), che investono poco e che stanno rintanati al calduccio tanto rassicurante dello stivale a riscuotere le salate gabelle bimestrali (capitalismo delle bollette). Il triangolo si chiude – avendo parlato di stranieri, politici e imprenditori – e fornisce lo spaccato reale dell’Italia.
Venerdi 11 Gennaio 2008"

Venerdi 11 Gennaio 2008
Dott. Sergio Sacchi capo Ufficio studi di Assoconsulenza
redazione@varesenews.it


Suggerirei, per chi ne sentissa la necessità , di condividere o confutare opinioni su questo articolo con la redazione di varesenews.
Si può intervenire anche a nome del sito/forum.
Grazie a tutti per l'attenzione.
Ciao
Il maggior nemico della conoscenza non è l’ignoranza,
è la presunzione della conoscenza.


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I-TIGI

Re: Il mondo visto dalla Francia

Messaggio da leggereda I-TIGI » sab 12 gen 2008, 23:25:50

Se andiamo a vedere nel quotidiano i francesi hanno colonizzato l'Italia nella medio-grande distribuzione (GDO), basta vedere le catene come Auchan, Brico, Dechlaton,Darty, Fnac, Norauto, Midas etc, etc. andando testa a testa con i tedeschi con Metro, MediaWorld-Saturn, Despar, Lidl, Pennymaket,MediMax mentre noi l'unica catena CDO con un minimo di presenza Europea e' Euronics, un vero fallimento per l'economia italiana...

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Re: Il mondo visto dalla Francia

Messaggio da leggereda mxp exp » dom 13 gen 2008, 13:25:12

Pero' dai francesi un po' d'orgoglio dovremmo prenderlo a prestito anche noi italiani, troppo spesso pronti a piangerci addosso ed ad autosputtanarci....
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stefanojoy
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Re: Il mondo visto dalla Francia

Messaggio da leggereda stefanojoy » dom 13 gen 2008, 13:36:29

mxp exp ha scritto:Pero' dai francesi un po' d'orgoglio dovremmo prenderlo a prestito anche noi italiani, troppo spesso pronti a piangerci addosso ed ad autosputtanarci....

quoto....certo che pero' dopo aver letto sopra....accidenti....siamo proprio dei gran cog....i! Se loro sono piu' bravi/furbi/spregiudicati/intelligenti ecc ecc forse e' giusto cosi'.... :-(
Qualcuno si lamenta del proprio stipendio....altri per 1200 euro al mese.... http://it.youtube.com/watch?v=W2QMhUrSlm0 ....

indaco
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Re: Il mondo visto dalla Francia

Messaggio da leggereda indaco » dom 13 gen 2008, 14:38:41

Sono bas..di pero' le loro aziende funzionano, sono dei grandi orgnizzatori e standardizzatori.... avete mai provato ad andare in Francia in un hotel Etap (i self service di Accor Hotels)? C'e' da restare estasiati per il rapporto qualita' prezzo.

Pero' non gli girerei mai le spalle.....mentre chissa' perche' da noi c'e' un sacco di gente che trova preferibile farci girare le spalle nella direzione dei Francesi e prendercelo.....piuttosto che altre soluzioni, tipo libero mercato o fare noi gli interessi nazionali o fare noi le cose in modo efficiente.

Guarda, io a loro li ammiro, a suo modo la Francia e' un modello.... quelli che non capisco sono i nostri.... che dai tempi di Dante pur di fare un dispetto al vicino di casa fanno un buco nel tetto del condominio dove abitano.

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Re: Il mondo visto dalla Francia

Messaggio da leggereda stefanojoy » dom 13 gen 2008, 18:08:28

indaco ha scritto:Pero' non gli girerei mai le spalle.....mentre chissa' perche' da noi c'e' un sacco di gente che trova preferibile farci girare le spalle nella direzione dei Francesi e prendercelo.....piuttosto che altre soluzioni, tipo libero mercato o fare noi gli interessi nazionali o fare noi le cose in modo efficiente.

Guarda, io a loro li ammiro, a suo modo la Francia e' un modello.... quelli che non capisco sono i nostri.... che dai tempi di Dante pur di fare un dispetto al vicino di casa fanno un buco nel tetto del condominio dove abitano.


Quoto....
Qualcuno si lamenta del proprio stipendio....altri per 1200 euro al mese.... http://it.youtube.com/watch?v=W2QMhUrSlm0 ....


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