Riprendo ora questo discorso (che di fatto è un OT nell'OT ma secondo me può essere interessante) perché ieri non avevo tempo di starci troppo dietro.malpensante ha scritto:A giustificazione dei milanesi che scappano dalla città ogni weekend e ponte c’è che i dintorni sono infinitamente più belli di quelli di Parigi e di Londra.
Mettiamola così: Milano non è una "città" ma un "LUOGO" in cui la gente NON vorrebbe vivere e dal quale fugge appena può.
È un fenomeno comune a tutte le città del mondo? Non saprei, può darsi. Fatto sta che la gente cerca di passarvi meno tempo possibile, vuoi per ragioni di provenienza (quanta della gente che vive a Milano ha radici qui?), vuoi per ragioni di vivibilità (meglio Milano o la campagna Toscana, le coste della Sardegna, le montagne trentine?), vuoi per curiosità di scoprire posti nuovi (parto e faccio un week-end a Praga).
Il covid ha dato una grossa spinta al modello dello smart-working e non si devono sottovalutare gli sviluppi sul lungo termine di questa cosa.
Prima del covid la stragrande maggioranza della gente stava in città dal lunedì al venerdì (escluse le trasferte di lavoro ovviamente). Era un fenomeno netto e ben visibile.
Dopo il covid siamo passati a un modello di "settimana corta in città" in cui la gente DEVE fare solo qualche giorno in ufficio, poi ne ha un paio in smart-working e ci attacca il weekend.
Quanto tempo passerà prima che si passi a un modello TOTALMENTE in smart-working in cui il dipendente sia completamente slegato dalla sede fisica dell'azienda e QUINDI tenda a lavorare dal luogo dove sogna di vivere? Un modello in cui il dipendente McKinsey/BCG/Bain/Generali/Allianz/JP Morgan/ecc lavori per la sede di Milano connettendosi da casa sua a Ostuni, vista mare. O magari da un co-working locale.
Un modello in cui il collega di lavoro con cui un consulente Bain si prende il caffè non sarà più un altro consulente Bain, ma uno della Accenture o della DLA Piper che ha la scrivania accanto alla sua in un co-working pugliese (per dire una regione a caso).
Tra l'altro sarebbe anche la soluzione ai problemi del mezzogiorno, lo strumento che permetterebbe finalmente di portare i posti di lavoro dell'odiato Nord nell'amato Sud. Perlomeno finché le aziende non inizieranno a spostare tutto in India o nei Balcani una volta resesi conto di non necessitare più di dipendenti fisicamente vicini alla sede.
Questo il discorso sui cambiamenti sociali che secondo me potremmo vedere sul lungo termine.
Per quanto riguarda il discorso prettamente turistico, Milano non sarà mai una città d'arte come Roma o Parigi, ma dovrebbe lavorare per rendere "f***" la sua normalità, come fa Londra, che per il fatto di essere "f***" attrae molti più turisti di quanti ne attrarrebbe solo per le attrattive architettoniche/artistiche.
Ma a Milano basta girare l'angolo che da piazza del Duomo ti ritrovi nella schifosa via Mazzini, che dovrebbe essere tenuta un gioiello e invece è mezza abbandonata.
Quanto tempo passerà prima che la gente si renda conto che è inutile venire fin qui per comprare un prodotto di Armani o di Louis Vuitton (che non è manco un brand italiano) che puoi trovare ovunque nel mondo? Vogliamo continuare a vederci come la "citta della moda?" Si valorizzino le attività prettamente local allora, tipo le boutique di Brera: dove la gente può comprare qualcosa di unico che non si trovi pure nella high-street di Kuwait City.
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