Racconto di I-DANB
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16 LUGLIO 1970. E’ UN GIORNO STORICO PER MALPENSA
Qualcuno di Voi, che a quel tempo non era ancora venuto al mondo, sicuramente si domanderà perché ho intitolato il racconto che di seguito mi accingo a scrivere, in questo modo. Cosa sarà mai successo di tanto importante quel giorno per definirlo addirittura “storico” ??
Se me ne lasciate il tempo, ora ve lo dico.A quell’epoca ero ragazzo ed avevo da poco terminato la scuola. Ormai da tempo, appena le condizioni meteo e gli impegni scolastici me lo consentivano, avevo iniziato una sorta di pendolarismo tra casa mia e Malpensa.
Nelle belle giornate, appena avevo qualche ora libera, con la mia bicicletta, in quindici minuti circa, percorrevo a tutta birra i sette chilometri che da dove abitavo allora, mi separavano dalle piste dell’aeroporto. A quell’epoca, fortunatamente, ai ciclisti era consentito percorrere la SS.336.
Trascorrevo interi pomeriggi sulle terrazze od in cima alle collinette artificiali situate, andando verso l’aeroporto, sul lato destro della superstrada proprio di fronte alla pista principale, per vedere, se andava bene, solo un paio d’aerei. Ma la passione per tutto quanto riguardava il mondo dell’aviazione, in me era talmente tanta, che ciò bastava per farmi ritornare a casa soddisfatto.In Autunno ed Inverno, quando poi capivo che erano in corso i dirottamenti da Linate per nebbia, non vedevo l’ora di tornare a casa da scuola per fiondarmi immediatamente a Malpensa. Se a Linate, la nebbia era particolarmente fitta e persistente, vedevi il piazzale di Malpensa gremito di aerei.
Cari miei, che spettacolo vedere tutti quegli aerei in un colpo solo !!
C’erano i Caravelle, i Dc-9, i Boeing 737 e 727, tutti colorati in modo diverso nelle loro variopinte livree. Tra i più sgargianti c’erano senza dubbio i sette BAC One-Eleven della britannica Court Line. Un misto di giallo, arancione, rosa, lilla e turchese. Arrivava ancora il De Havilland Comet, primo aereo passeggeri a reazione, un quadrimotore dalla linea molto raffinata ed il Trident dell’inglese BEA, in Europa l’unica tra le grandi ad impiegarlo. Poi c’erano quelli ad elica, come i Fokker F27 dell’ATI ed i pari classe Herald della concorrente Itavia. E cosa dire poi dei velivoli di fabbricazione sovietica. Pur con i loro lineamenti grezzi e spartani, erano dotati di un certo fascino. Per i miei occhi erano semplicemente stupendi.
Ai voli dirottati da Linate si aggiungevano naturalmente quelli già in origine previsti a Malpensa. Era tutto un andare e venire di aeroplani. Ogni tre o quattro minuti avveniva un decollo od un atterraggio.
Un paio di volte l’anno veniva poi il Convair 990 Coronado della Swissair, che per due intere giornate volteggiava su Gallarate e dintorni, per addestramento equipaggi. Per via della scia di fumo che i suoi quattro motori lasciavano, era inconfondibile. Lo si riconosceva quando era ancora a decine di chilometri di distanza. In quegli anni, i velivoli più grandi che atterravano a Malpensa si chiamavano DC-8 serie 63, in grado di accogliere al proprio interno fino a 250 passeggeri.
Erano principalmente tre le aerolinee che operavano con questo tipo di aereo: la venezuelana Viasa, che lo utilizzava per il collegamento con Caracas, la canadese CP Air, che tre volte la settimana arrivava da Toronto e la statunitense Seaboard World, dall’accattivante livrea nero/giallo ocra, specializzata nel trasporto di merci. Ma non era infrequente vederne anche di altre Compagnie. L’Alitalia utilizzava invece quelli della serie 62, dotata della stessa ala e identici motori ma di fusoliera più corta, pertanto in grado di trasportare qualche decina di persone in meno. Ma il rapido e costante aumento del traffico passeggeri avvenuto nei primi Anni Sessanta, costrinse le compagnie aeree a richiedere ai costruttori di aviogetti civili di progettarne e costruirne ancora di più grandi. Fu così che nel Febbraio 1969, dal Paine Field, il campo di volo adiacente gli stabilimenti della Boeing ad Everett, si alzò in volo per la prima volta il 747, subito soprannominato per le sue dimensioni, “Jumbo Jet”.
Grande quasi il doppio di un B-707 o Dc-8 e capace di trasportare a seconda dell’allestimento interno, fino a 400 passeggeri, entrò ufficialmente in servizio di linea con la Pan American il 22 Gennaio 1970 sulla rotta New York-Londra. Essendo stato acquistato anche da TWA e Alitalia, le due aviolinee che a quel tempo erano più presenti sui piazzali di Malpensa, in brughiera tra gli addetti ai lavori, da subito girò voce che sarebbe arrivato ben presto in visita anche a Milano. Infatti questo sarebbe dovuto avvenire il 9 Febbraio ad opera di un esemplare della TWA, ma a causa dei ben noti problemi ai motori che afflissero i primi esemplari consegnati ed alle condizioni atmosferiche particolarmente avverse, il programma fu modificato ed in parte annullato. A causa di questo contrattempo, dovetti aspettare fino ad Estate inoltrata per poterlo vedere dal vero, ma questa volta per merito di un esemplare della nostra ex Compagnia di bandiera. Alitalia aveva ricevuto il primo dei cinque Boeing 747 acquistati, il 13 Maggio. L’I-DEMA, queste le sue marche di registrazione, come da programma, iniziò ad operare tra Fiumicino ed il Kennedy di New York a partire da Giugno. Solo con l’arrivo del secondo esemplare, immatricolato I-DEME, anche Milano poté entrare a far parte di quegli scali dove il gigante dei cieli era divenuto di casa.

Il grande momento arrivò il 16 Luglio. Già da un paio di giorni, tutti i quotidiani della nostra Regione ne avevano preannunciato l’avvenimento. Il suo arrivo è previsto intorno alle 11. Fu così, forse grazie al bel tempo, malgrado si trattasse di un giorno infrasettimanale (Giovedì), che quella mattina si radunarono tutt’intorno al perimetro aeroportuale, migliaia di persone (qualcuno li stimò in oltre 10.000). Alcuni con il naso all’insù, altri come il sottoscritto, appostato su una delle collinette di fronte alla testata 7L, con lo sguar1do proteso verso Sud, da dove nella stragrande maggioranza dei casi, arrivavano gli aeroplani in procinto di atterrare a Malpensa.
Vicino a me ci sono una dozzina di persone, tutte più anziane di me. Alle 11, minuto più minuto meno, noto stragrande maggioranza dei casi, arrivavano gli aeroplani in procinto di atterrare a Malpensa.
Vicino a me ci sono una dozzina di persone, tutte più anziane di me. Alle 11, minuto più minuto meno, noto che sul piazzale principale c’è una certa agitazione. A quel punto, protendo lo sguardo all’orizzonte e ad altezza d’uomo, scorgo un puntino. Forte della mia pluriennale esperienza di avvistatore d’aerei, comunico agli astanti l’imminente arrivo del tanto atteso ospite.
“Dov’è ?? Io non lo vedo !!” rispondono tutti in coro.
“E’ quel puntino là !! E’ ancora lontano. Diciamo che ci vogliono ancora cinque minuti prima di atterrare”
“Caspita che vista, complimenti !!”
E così avviene. Dopo cinque minuti, il Jumbo tocca la pista e dopo aver esaurito la propria corsa, libera al penultimo raccordo. Quando lo imbocca per entrare sul piazzale, mettendosi di traverso, ci si rende realmente conto delle sue dimensioni.
“Mamma mia !! E’ proprio bello grande !!”
Con i suoi 60 metri di apertura alare e 70 di lunghezza, è di gran lunga più grande e potente di qualsiasi precedente aereo e alla vista dei curiosi accorsi in massa, costituisce uno spettacolo veramente impressionante.
Arrivato allo stand assegnatogli, viene immediatamente circondato dai mezzi di rampa, anch’essi di dimensioni maggiori rispetto alla consuetudine. Per far salire e scendere i passeggeri e l’equipaggio, SEA ha dovuto dotarsi di quattro scale autotrasportate alte dieci metri e per spostarlo ha dovuto acquistare un trattore del peso di cinquanta tonnellate. Per rifornire questo bestione, anche la Esso, ha dovuto posizionare a Malpensa due gigantesche autobotti capaci di contenere 84000 litri ciascuna ed in grado di erogare ognuna oltre 2000 litri di kerosene al minuto.
Poco dopo mezzogiorno, le operazioni di rifornimento e d’imbarco passeggeri vengono ultimate. Il Jumbo si prepara alla partenza. I piloti accendono in sequenza i quattro motori. Dalla nostra postazione, il loro rumore è appena percettibile. Arrivato in fondo al raccordo centrale che unisce le due piste, si allinea sulla pista principale ed un minuto dopo inizia la corsa di decollo.
Stacca circa a tre quarti di pista. Quando passa proprio sopra le nostre teste ad un’altezza di trenta metri circa, i carrelli non sono ancora del tutto rientrati. A vederlo da sotto, fa ancora più impressione. Tra nove ore, arriverà a New York.
Da quel giorno in avanti diventerà un assiduo frequentatore del nostro amato aeroporto.
FINE