Comandante abbiamo un clandestino a bordo!

Racconto di I-DANB

Signor comandante abbiamo un clandestino a bordo

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Quanto sto per narrarvi è avvenuto nella primavera del 1995 e non è per testimonianza
diretta ma per interposta persona. Pertanto, declino sin d’ora ogni responsabilità, se alcuni
fatti non rispondono a verità e se alcune persone possono in qualche modo sentirsi ferite
nell’orgoglio personale.
Il racconto inizia in quel di Varadero (Cuba). L’aereo, il solito SetteSeiSette, era appena
arrivato da un importante aeroporto europeo. Non chiedetemi quale, perché non ve lo
dico. Non vorrei che domani, dopo che qualche personaggio importante abbia letto quanto
sto scrivendo, anche visto che all’epoca la cosa passò abbastanza sotto silenzio, che dei
funzionari aeroportuali si ritrovino, per maturare il diritto alla pensione, a piantar patate.
Chiusa questa piccola parentesi, proseguiamo col racconto. Malgrado il volo dovesse
proseguire alla volta di Holguin, altra località turistica cubana a poco più di un’ora di volo, il
turno di servizio prevedeva che qui avvenisse il cambio equipaggio. Appena salite a bordo,
due assistenti di volo alquanto sveglie, una assunta da circa sei mesi e l’altra da poco
promossa responsabile di cabina, notano immediatamente che seduto in una delle ultime
file della classe economica, c’è un tizio sulla trentina dall’aspetto poco rassicurante.
La prima dice all’altra
“Hai visto quel tizio lì ?? Che tipo strano. Proprio qui vicino alla galley doveva sedersi !!
M’inquieta”
“In effetti” replica la collega “con quello sguardo ha tutto l’aspetto di un pazzo !! Ma
sembra tranquillo. Scenderà ad Holguin, pertanto stai calma”
Atterrati ad Holguin, l’aereo deve venire ripulito e fare rifornimento, pertanto vengono fatti
scendere i passeggeri.
Scendono tutti, tranne il tizio in questione, che rimane immobile seduto al suo posto.
La responsabile gli s’avvicina e gentilmente lo invita a scendere, ma lui nemmeno
risponde. Ha lo sguardo di chi si è perso e non sa dove si trova.
Gli vengono chiesti i documenti e la carta d’imbarco. Ma il poveretto con sè non ha nulla di
tutto ciò. E’ confuso e non sa spiegare il motivo per cui si trova a bordo.
(Da quanto si appurò in seguito, anche se le informazioni furono rilasciate con il
contagocce oltre ad essere abbastanza lacunose, pare che il giovane, inquilino di una
casa di cura per malati di mente ubicata nelle vicinanze dell’aeroporto, sia arrivato sotto la
scaletta dell’aereo non entrando dalle consuete e normali porte d’ingresso, gate, ecc. ecc.,
ma da un cancello incustodito e per di più inspiegabilmente lasciato aperto !! Ha percorso
indisturbato sul piazzale un centinaio di metri a piedi, poi visto la calca di persone ai piedi
della scaletta dell’aereo (stavano per imbarcarsi), a mo’ di scimmiottamento (classico in
questi casi), ha deciso di intrufolarvisi. Evidentemente in un primo momento, quando è
salito a bordo, è riuscito a mantenere un aspetto ed un comportamento da non suscitare
sospetto nel personale di cabina. Bisogna precisare, che a quell’epoca, i controlli a bordo
venivano fatti un po’ più “alla viva il parroco”).
A questo punto viene deciso d’informare dell’accaduto il Comandante. Ma anche i suoi
tentativi di capire chi sia e come abbia fatto a salire sull’aereo, cadono nel vuoto. A questo
punto, il Comandante prende, a mio avviso, una saggia decisione.
“Se lo consegniamo ai Cubani, questo poveretto passa il resto dei suoi giorni in galera.
Tanto non sanno che è a bordo. Lo abbiamo portato fin qui, è giusto che lo riportiamo
indietro. Poi si vedrà. Non fategli sedere nessuno accanto ed appena risalgono i
passeggeri, accertate al più presto che a bordo ci sia un medico”
Fortunatamente a bordo è presente un medico, al quale la responsabile di cabina espone
il caso e gli indica il tizio.
Il medico, dopo aver osservato senza farsi notare, per qualche minuto il giovane dallo
strano aspetto, vara la sua diagnosi
“A prima vista, mi sembra calmo e tranquillo. E’ solo disorientato. Non dovrebbe dare
particolari problemi. Tenetelo d’occhio e soprattutto trattatelo come un normale
passeggero. E’ importante non fargli capire che lo considerate in qualche modo diverso
dagli altri. Comunque, se dovesse presentare segni di squilibrio o dare in escandescenza,
chiamatemi subito che, se si renderà necessario, provvederò a somministrargli un
sedativo”.
L’aereo decolla per ritornare nel Vecchio Continente. In cabina passeggeri tutto procede
nella
norma, come al solito. Alla stregua di tutti gli altri passeggeri, anche al giovane
clandestino, le assistenti di volo servono il pasto e gli distribuiscono le cuffie per ascoltare
la musica ed il sonoro dei due film in programma. Il tizio pare compiacersene e rimane
quieto per tutta la durata del volo. Ad un certo punto riesce anche ad addormentarsi.
Avvicinandosi a destinazione, il Comandante provvede ad informare dell’accaduto il
proprio dispatch.
Viene deciso che una volta arrivati al parcheggio, sottobordo si faranno trovare due
poliziotti, ai quali verrà consegnato il clandestino. E così avviene. Subito dopo aver aperto
il portello anteriore, il giovane viene fatto sbarcare per primo.
Ai piedi della scaletta sono presenti due agenti, che lo prelevano.
E solo a questo punto, che le assistenti di volo si accorgono che il giovane ha sulla
schiena
del proprio giubbotto, ricamate a caratteri cubitali, le parole “get lost”.
Quando si dice l’ironia della sorte.
FINE