La rotta Milano – New York è stata liberalizzata, ma all’ italiana

Marco Giovanniello – 3 maggio 2012

Da ieri circola su internet un documento in cui ENAC, l’ Ente Nazionale Aviazione Civile, conferma di aver concesso, a tre anni dalla richiesta e dopo un forte pressing da parte dei politici lombardi, il diritto alla Singapore Airlines di far proseguire per New York il volo che effettua verso Milano Malpensa a partire appunto da Singapore. Si intende il diritto di volare caricando passeggeri anche sulla tratta atlantica, tecnicamente chiamato di Quinta Libertà.
Singapore e New York stanno quasi agli antipodi e la compagnia di bandiera della città stato le collega attualmente sia con il volo senza scalo più lungo di tutta l’ aviazione mondiale, sia con un volo che fa tappa all’ aeroporto di Francoforte. Il volo senza scalo per oltre 15.000 chilometri è un prodigio della tecnica, ma ha uno svantaggio che pesa sempre di più, al crescere del costo del petrolio, perché bisogna imbarcare alla partenza tutto il carburante necessario per la lunghissima tratta, che a sua volta è peso che richiede carburante per essere trasportato. Le tariffe sono necessariamente più alte e, per sviluppare la rotta, Singapore Airlines aveva pensato anni fa non ad un secondo volo senza scalo, le cui tariffe sarebbero troppo elitarie, ma ad un nuovo volo che avrebbe fatto tappa a Milano Malpensa, aeroporto che ha migliaia di lavoratori in Cassa Integrazione dopo l’ abbandono quasi completo di Alitalia nel 2008.
Non è comunissimo che si concedano a linee aeree di Paesi terzi i diritti per voli internazionali, ma nemmeno è cosa inaudita, come falsamente affermò a marzo Assaereo (la Confindustria delle linee aeree italiane) in procinto di accogliere Alitalia fra i propri membri.
Singapore Airlines appunto vola a New York da Francoforte senza nessun accordo con la locale Lufthansa e anni fa faceva invece scalo ad Amsterdam. Almeno tre linee aeree asiatiche volano a New York da Londra Heathrow, dove la scelta davvero non manca. Altri esempi ci sono in Spagna e soprattutto in Belgio, che dopo il fallimento di Sabena si era trovato a corto di voli transatlantici ed ha accolto ben volentieri l’ indiana Jet Airways che ha creato a Bruxelles un mini-hub.
Il caso di Malpensa a mio avviso è simile a quello belga, Alitalia volava verso New York JFK, New York Newark, Boston, Washington, Miami, Chicago, San Francisco, Los Angeles e in collaborazione con i partner anche per Atlanta e per un breve periodo pure per la capitale dell’ auto Detroit, oltre che per Toronto che è il più importante aeroporto canadese. La chiusura dell’ hub milanese da parte di Alitalia ha fatto sì che nel prossimo inverno da Milano partiranno solo voli per New York e, tre giorni la settimana, per Miami, ma solo perché la Florida concede lauti incentivi.
Dall’ Alaska alla Terra del Fuoco la capitale economica d’ Italia avrà solo questi collegamenti con le Americhe, oltre al volo TAM per San Paolo. Perché? Per un insieme di ragioni, la prima delle quali è che il mancato rispetto degli appositi Decreti che limiterebbero Linate, che le Autorità preposte non fanno rispettare, fa sì che da una parte molti passeggeri partano appunto dal vecchio aeroporto e dall’ altra che sia impossibile far sedere sugli aerei che decollano da Malpensa passeggeri provenienti da altre città, come invece avviene in tutti gli altri aeroporti concorrenti. Tirando le somme non ci sono abbastanza passeggeri per riempire gli aerei su rotte diverse da New York e Miami e infatti nessuna linea aerea europea o americana le opera. Di pochi giorni fa l’ annuncio che Delta chiuderà per l’ inverno il volo per il suo mega hub di Atlanta, da cui era possibile raggiungere praticamente qualsiasi destinazione statunitense, anche la più piccola. Agli uomini d’ affari non basterà più un solo scalo ad Atlanta, ma due, presumibilmente prima Parigi e poi Atlanta, allungando il viaggio a dismisura. Dall’ altra parte un businessman americano vedrà più scomodo raggingere Milano rispetto ad altre città europee e, a parità di condizioni, farà affari in queste ultime, alla faccia della nostra crescita.
Per contrastare l’ isolamento aereo di Milano e e del Nord-Ovest del Paese, quello che ancora permette ad altre aree d’ Italia di avere un certo benessere, la prima soluzione è mettere mano a Linate, come già si era deciso quindici anni fa e invece per lassismo non si è fatto. In subordine sarebbe una buona idea lasciar volare verso il Nordamerica le linee aeree che, come Singapore Airlines, si candidano a farlo senza richiedere contributi, ma anzi pagando sostanziosi diritti di atterraggio e dando lavoro alla manodopera lombarda, né più né meno di quanto accade a Francoforte e a Bruxelles. È pur vero che Singapore Airlines ha chiesto di volare per l’ unica destinazione ben coperta, New York, ma non è un segreto per nessuno che questa sarebbe solo la prima rotta per le Americhe, se tutto filasse liscio.
Purtroppo però l’ Italia ha una tradizione di ottuso protezionismo e, invece di accogliere a braccia aperte chi viene a investire, lo respinge. Per anni Singapore Airlines non ha nemmeno ricevuto una risposta, finché a gennaio Corrado Passera, abituato da banchiere a non schivare le domande degli analisti finanziari, finalmente ha detto in Parlamento che avrebbe concesso i diritti se gli fosse stato possibile, ma che purtroppo era materia dell’ Unione Europea. Risposta sorprendente perché falsa, preparata da una burocrazia ministeriale miope e bigotta, che “ci ha provato”, ma che qui su Linkiesta abbiamo smentito con un documento ufficiale appunto della UE.
È seguito qualche mese di tira e molla, Passera per salvare la faccia ai propri collaboratori non poteva più opporsi apertamente, ma questi hanno cercato e infine forse ottenuto il modo di liberalizzare in modo gattopardesco, quello del cambiare tutto perché non cambi niente.
Singapore Airlines è forse la migliore linea aerea del mondo e qualunque aeroporto farebbe carte false per essere scelto come scalo intermedio fra i tanti possibili, è come essere una sede della Ferrari, tanto per intendersi. La sua clientela paga di più per avere un servizio superiore e naturalmente pretende di poter volare tutti i giorni. Perciò i nostri ineffabili burocrati per mesi si sono dimostrati disponibili a concedere solo tre o quattro voli settimanali, ben sapendo che sarebbero forse andati bene ad una linea aerea a basso costo, ma che avrebbero reso i voli di Singapore Airlines antieconomici. La forte pressione politica ha mandato i burocrati in ritirata, alla fine sono stati concessi diritti per un volo giornaliero, ma, in cauda venenum, soltanto per un periodo sperimentale di 18 mesi, che oggi significa due stagioni invernali, meno redditizie e solo una estiva.
Alla fine dei 18 mesi la concessione dei diritti verrà ridiscussa e, se qualcuno dei vettori che attualmente volano da Milano a New York avrà delle rimostranze, cancellata. Un volo complicato come Singapore-Milano-New York, che conterebbe soprattutto su una clientela di classe Prima e Business da fidelizzare, richiede un consistente periodo di prevendita, di un lungo avviamento sicuramente in perdita alla fine del quale i diritti potrebbero essere cancellati. L’ investimento della compagnia asiatica sarebbe nell’ ordine delle decine di milioni di euro e gente seria come loro difficilmente prenderà in considerazione un’ offerta furbesca come quella che ha ricevuto dalle nostre Autorità.
Faccio i miei complimenti ai preposti dirigenti per aver trovato il modo di liberalizzare a parole senza liberalizzare nei fatti, un po’ meno complimenti al Ministro dei Trasporti Corrado Passera che si è dimenticato di essere anche Ministro dello Sviluppo Economico. Mi auguro di essere smentito, ma difficilmente il volo si farà e, per tante o poche che sarebbero state, difficilmente ci saranno riassunzioni per i lavoratori a cui tra poco scadrà la Cassa Integrazione e che fra un anno si ritroveranno in mezzo alla strada.
Intanto sempre più i passeggeri da e per l’ Italia transiteranno attraverso gli aeroporti di Parigi e Londra, pagando tasse là e contribuendo all’ economia altrui. Una preghiera, non prendeteci più in giro con la “crescita”

Da LINKIESTA