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Perché andare con due motori se uno basta ed avanza?
racconto di I-DANB
Ai miei tempi (primissimi Anni Ottanta), per conseguire l’abilitazione al volo strumentale
(IFR), le norme prevedevano che l’allievo dovesse effettuare non meno di cinquanta ore di
lezione di volo a doppio comando con l’istruttore. Di queste, solamente al massimo dieci,
avrebbero potuto essere effettuate al simulatore. Inoltre, una buona parte del corso
prevedeva la transizione su velivoli bimotore.
Per prima cosa, bisognava imparare a volare senza l’ausilio di riferimenti esterni, ovvero
avvalendosi dei soli strumenti di bordo. Questa parte dell’addestramento prendeva il nome
di “corso basico”. E’ per così dire, l’ABC del volo strumentale. E’ una parte della tua
carriera di pilota, che affina moltissimo il tuo stile di pilotaggio, oltre ad insegnarti a volare
in sicurezza anche in condizioni di scarsa visibilità. E qui che impari a mantenere le quote
con estrema precisione e ad effettuare virate, anche accentuate, nei tempi prestabiliti
spaccando il secondo.
Permettetemi di esprimere un mio personale parere. Al di là di tutto, è una parte della
formazione che ogni pilota, anche l’ultimo degli ultimi, dovrebbe acquisire. E’ quella che in
caso di difficoltà, nove volte su dieci, ti consente di riportare a casa la pelle sana e salva.
Terminato il corso basico, si passa all’insegnamento delle procedure vere e proprie
inerenti le regole del volo strumentale. La scuola che frequentavo, per questa parte del
corso, utilizzava un bimotore a pistoni non pressurizzato di fabbricazione nazionale: il
Partenavia P68C Victor. Per quanto mi riguarda, ho sempre considerato questo velivolo
lento e sottopotenziato. Nulla in paragone a quello su cui volerò in un successivo
momento. Il Piper Cheyenne III. Insomma, per chi non lo avesse capito, non ci ho mai
volato con grande piacere. Ma tant’è. Questo passava il convento e bisognava
accontentarsi.
Ma ora entriamo nel vivo del racconto. E’ un venerdì di fine Ottobre. La lezione prevede un
volo Malpensa – Ciampino e ritorno. Quando partiamo da Malpensa, sull’aereo siamo in
tre. Oltre a me e all’istruttore, c’è un collega di corso. E’ di Roma e ne approfitta per
tornare a casa durante il fine settimana. Ai comandi per la prima tratta, quella in andata, ci
sarà infatti lui. Io sederò sul seggiolino di sinistra sulla tratta di ritorno, che da piano di
volo prevede Ostia 80 ed Elba 1 come SID, dopo Ambra 1 fino all’Elba ed Ambra 35 fino al
VOR di Genova e da qui, prua per scendere direttamente giù, giù fino a Voghera. Il volo
termina con una procedura ILS per pista 35 destra a Malpensa. Mancano quindici minuti
alle ventidue quando la torre di Ciampino ci autorizza al rullaggio per pista 15. Dopo il
decollo, la salita per il livello di volo che ci è stato assegnato (FL120), avviene con
estenuante lentezza.
A metà del percorso, la velocità variometrica, a malapena supera i cinquecento piedi a
salire per minuto. Entriamo anche in nube. Speriamo di non fare ghiaccio. Per fortuna le
nubi si presentano leggere e poco consistenti. Dopo un migliaio di piedi, ne siamo già
fuori. A questo punto, l’istruttore, bontà sua, mi autorizza ad inserire il pilota automatico.
Ma quest’ultimo, pochi secondi dopo, si disinserisce autonomamente. Riprovo a
reinserirlo, ma inutilmente. Come già avvenuto prima, si sgancia. Riproviamo sia io che
l’istruttore, altre due/tre volte, ma niente da fare. Decidiamo pertanto a malincuore, più che
altro per me, di continuare il volo, comandando il velivolo manualmente.
Raggiunto il livello di crociera, prima di portare le manette, sia dei motori, sia dei giri
dell’elica e della miscela, sui valori prescritti, lascio che il velivolo acquisti un po’ di velocità
ed adeguo i trim alla bisogna. Il volo è lungo (più di due ore) e questo ti consente di
alleviare la fatica, anche in considerazione del fatto che dovrò arrivare a destinazione
senza il minimo ausilio del pilota automatico.
Fuori il cielo è nero come la pece. Le uniche luci che s’intravvedono in lontananza, sono
quelle intermittenti degli altri aerei. Siamo quasi in prossimità del VOR dell’Elba, che
l’istruttore (è un ex pilota di F-104 ed è la prima volta che ci volo insieme ndr) esprime i
suoi complimenti verso le mie doti di pilotaggio
“Noto con estremo piacere che ha acquisito un ottimo “basico” mi dice.
“Grazie! Devo ammettere che il comandante Caio mi ha fatto veramente un mazzo così !!”
Quindi a qualcosa è servito !!” Gli rispondo.
Passano ancora pochi minuti e l’istruttore, mi chiede
“E’ stanco ?? Ha sonno ??”
“No, per niente. Lo confesso. Ho schiacciato un pisolino all’andata ed ora mi sento a
posto”
Lo guardo e vedo che invece lui ha gli occhi chiusi. E’ letteralmente crollato. Dorme. Come
non giustificarlo. Poverino, è dalle sei del mattino che è in piedi ed ha svolazzato su e giù
per tutta la giornata.
L’aereo, a questo punto, è “completamente” nelle mie mani. Il volo, fortunatamente
procede nella massima regolarità. L’istruttore si sveglia quando ormai mancano poche
miglia al VOR di Genova. Si è fatto una bella oretta di sonno.
“Cavoli, ho dormito !! E’ tutto a posto ??” mi domanda
“Sì, comandante. Mancano cinque miglia a Genova e tra poco richiedo l’autorizzazione per
la discesa”
E così faccio. Il controllo radar di Milano ci autorizza a lasciare il livello di crociera ed a
scendere di tremila piedi, a FL90. Dopo una quindicina di miglia, veniamo ulteriormente
autorizzati a scendere fino a seimila piedi.
Appena termino di parlare con il controllore, l’istruttore mi “stronca” uno dei due motori.
“Motore destro in avaria !!” mi dice
Subito provvedo a mettere l’elica in bandiera e ad aumentare la potenza dell’altro motore.
“Lo tenga in assetto. Mantenga le ali livellate”
“Comandante, ho già il pedale a fondo corsa !! Ecco che si raddrizza”
“Bene, continui così, lo tenga così, che ora tentiamo di far ripartire il motore”
E’ una finta, naturalmente. L’istruttore dentro di sé, ha già deciso che atterreremo a
Malpensa con un solo motore. In realtà avremmo dovuto dichiarare emergenza, ma
trattandosi di un’esercitazione, non informiamo di nulla, il controllo radar di Milano.
A Voghera, a seimila piedi, il motore rimasto in funzione, stenta a tenerci livellati. Chiedo
ulteriore discesa e Milano ci autorizza a scendere a quattromila piedi per un diretto ILS a
Malpensa. Intanto, per mantenere in assetto il velivolo, ho il pedale che comanda lo
stabilizzatore verticale, costantemente a fondo corsa.
Quando siamo a circa cinque/sei miglia dal radiofaro di Novara, dichiariamo di essere
stabilizzati sul localizzatore dell’ILS e dal controllo radar veniamo autorizzati a cambiare
frequenza radio per proseguire l’ultima tratta del volo con la torre di Malpensa. Quando la
contatto, questa c’informa che in testata pista è presente della nebbia sottile ed in banchi.
Ci manca solo che dobbiamo riattaccare. La visibilità in finale, in effetti è scarsa. Ma
proprio mentre, fisicamente e psicologicamente, mi sto’ accingendo a prepararmi per una
riattaccata, ci appare completamente illuminata in tutta la sua lunghezza, la pista.
Atterriamo e liberiamo al penultimo raccordo. L’orologio dell’aereo segna la mezzanotte
precisa.
Quando scendo dall’aereo, ho tutta la gamba destra anchilosata. Procedo sul piazzale
zoppicando vistosamente.
L’istruttore mi guarda e dice
“Perché zoppica ??”
“Perché a tenere a fondo corsa il pedale, mi si è anchilosata la gamba” gli rispondo
e lui
“Oh, non è nulla. Non si preoccupi. Tra cinque minuti è tutto passato”.
Quando qualche mese più tardi, sostenni l’esame per il conseguimento dell’abilitazione
IFR, anche l’ispettore ebbe la felice idea di farmi fare un ILS a Malpensa con il motore
destro inoperativo.
Superai l’esame a pieni voti.